Rassicurazioni che in effetti arrivano, il cammino delle riforme costituzionali andrà avanti spedito, l’accordo è salvo. Ma cosa hanno da guadagnare i due leader dal patto stipulato a gennaio e ratificato da incontri a cadenza mensile? è semplice, gli scopi dei due sono identici, ancorché speculari, Renzi ha bisogno di non fermare l’ascesa, Berlusconi di rallentare la caduta, check point di entrambe le traiettorie è il 25 maggio.
Entro quella data infatti l’ormai ex rottamatore e Presidente del Consiglio in carica ha bisogno di portare a casa quantomeno la riforma del Senato per confermare la sua aura di uomo del fare. La speranza è che il risultato politico si trasformi in risultato elettorale, scongiurando il rischio che un esito anche solo non trionfale delle elezioni europee possa resuscitare i tanti nemici che il Premier si ritrova all’interno del Partito.
Il risultato delle elezioni è infatti tutt’altro che scontato, considerando il buon recupero di Grillo, ormai percepito come unica opposizione, e i pasticci che il PD sta combinando nella composizione delle liste, soprattutto nelle Isole.
Al contrario Silvio Berlusconi ha bisogno di accreditarsi come interlocutore del Premier e forza politica autorevole del Paese nonostante la condanna e di sicuro prima che un eventuale crollo dei consensi di Forza Italia possa certificare il suo effettivo stato di salute politica. Il suo tesoretto sono i 68 deputati e 60 senatori in quota Forza Italia, indispensabili per le riforme, ma quanti di loro gli resterebbero fedeli nel caso di una pesante sconfitta elettorale? Non dimentichiamoci che è solo di poche ore fa la notizia dell’addio a Forza Italia di Paolo Bonaiuti, di cui tutto si può dire meno che non vanti un ottimo fiuto politico.
Appare chiaro insomma che sia Renzi che Berlusconi stiano giocando il tutto per tutto in un operazione di piccolo cabotaggio, ovvero la propria sopravvivenza politica da qui al 25 maggio, legandola però ad un operazione con ricadute importanti e a lunghissimo periodo, ovvero la riforma costituzionale. Il 26 maggio sapremo se l’Italia darà loro ragione.
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