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Asilo politico, protezione sussidiaria e speciale: dati e differenze

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Contenuto aggiornato e rivisto da Fabio Colombo e Davide Fracasso

Quando una persona straniera entra in Italia, non importa se legalmente o meno, ha diritto a fare richiesta di protezione internazionale allo Stato italiano, come stabilito dalla Direttiva europea 83 del 2004 recepita in Italia con il Decreto Legislativo 251 del 2007. La domanda viene poi esaminata dalla Commissione Territoriale competente che, dopo apposita audizione, decide se concedere o meno la protezione internazionale, che può prendere due forme: l’asilo politico – cioè lo status di rifugiato – e la protezione sussidiaria.

La terza forma di protezione, la protezione umanitaria introdotta in Italia nel 1998, è stata abolita dal Decreto su immigrazione e sicurezza proposto dal Ministro dell’Interno Salvini e approvato dal Parlamento il 28 novembre 2018. Il decreto ha introdotto contestualmente un permesso di soggiorno per casi speciali per alcune categorie di persone, poi rinominato protezione speciale con le modifiche al decreto approvate dal Parlamento a dicembre 2020.

Quali sono nel concreto le differenze tra queste forme di tutela? Quante persone ottengono l’asilo politico, la protezione sussidiaria e la protezione speciale in Italia?

@br.de

Le differenze tra asilo politico, protezione sussidiaria e protezione speciale

Asilo politico

Al titolare dello status di rifugiato viene rilasciato un permesso di soggiorno per asilo politico. Ottiene lo status di rifugiato chi dimostri un fondato timore di subire nel proprio paese una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra. La Convenzione di Ginevra all’articolo 1 sancisce che è rifugiato “chi temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

Per atti di persecuzione si intende ad esempio: violenza fisica o psichica, inclusa la violenza sessuale; atti diretti contro un genere sessuale o contro l’infanzia; provvedimenti giudiziari, amministrativi o di polizia discriminatori o sproporzionati; sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto quando questo potrebbe comportare la commissione di crimini di guerra o contro l’umanità.

Non basta però che una persona abbia subito e sia a rischio di subire questi atti di persecuzione perché ottenga l’asilo politico, occorre che questi atti siano riconducibili a motivi di razza, religione, nazionalità, gruppo sociale di appartenenza, opinione politica.

A seguito del riconoscimento dello status di rifugiato, la questura dovrà rilasciare il relativo permesso di soggiorno della durata di 5 anni rinnovabili. Il permesso dà diritto a chi ne è titolare di:
– Svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata.
– Accedere al pubblico impiego.
– Accedere al servizio sanitario nazionale.
– Accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps.
– Accesso allo studio.
– Titolo di viaggio: lo Stato italiano ha l’obbligo di fornire al rifugiato un documento equipollente al passaporto.
– Ricongiungimento familiare: il titolare di asilo politico può richiedere l’ingresso in Italia dei propri familiari senza dover dimostrare i requisiti di alloggio e di reddito richiesti per i titolari di altri tipi di permesso di soggiorno.
– Cittadinanza italiana: i tempi previsti per poter richiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione sono ridotti alla metà, essendo necessari 5 anni di permanenza in Italia anziché 10.

Protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria viene rilasciata dalla Commissione Territoriale competente qualora il soggetto non dimostri di aver subito una persecuzione personale ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave se tornasse nel suo paese di origine. Per danno grave si intende: la condanna a morte o all’esecuzione, la tortura o altra forma di trattamento inumano, la minaccia grave e individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale.

Il relativo permesso di soggiorno avente durata di 5 anni viene rilasciato dalla Questura e può essere rinnovato previa verifica del perseverare delle cause che ne hanno consentito il rilascio. Il permesso dà diritto a chi ne è titolare di:
– Svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata.
– Accedere al pubblico impiego.
– Accedere al servizio sanitario nazionale.
– Accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps.
– Accesso allo studio.
– Titolo di viaggio: la questura dovrebbe rilasciare un titolo di viaggio valido solo se il titolare di protezione sussidiaria ha valide ragioni che non gli consentono di richiedere il passaporto all’autorità diplomatica del paese di origine. Non sempre è così e dipende da quale questura: in caso di abusi o segnalazioni occorre sempre far riferimento alle associazioni che tutelano i diritti dei rifugiati.
– Ricongiungimento familiare: anche in questo caso il titolare di protezione sussidiaria può richiedere l’ingresso in Italia dei propri familiari senza dover dimostrare i requisiti di alloggio e di reddito richiesti per i titolari di altri tipi di permesso di soggiorno.
– È possibile convertire il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, rinunciando così allo status di protezione sussidiaria.

Protezione speciale

Prima della sua abrogazione con il decreto Salvini, il permesso di soggiorno per motivi umanitari – cosiddetta protezione umanitaria – veniva rilasciato quando non sussistevano i requisiti per l’asilo politico né tantomeno quelli per la protezione sussidiaria. Avevano diritto a tale permesso coloro che adducevano in modo giustificato seri motivi di carattere umanitario per restare in Italia, quali ad esempio: motivi di salute o di età, il rischio di trovarsi in situazioni di grave violenza o instabilità politica, o in mezzo a carestie o altri disastri ambientali. La durata era variabile anche se la prassi era una concessione per un massimo di due anni rinnovabili.

Il decreto Salvini aveva introdotto, al posto della protezione umanitaria, la possibilità di concedere un permesso di soggiorno temporaneo per casi speciali, quali: permesso per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile, per vittime di violenza domestica, per sfruttamento lavorativo. Una casistica ristretta che inoltre impediva la trasformazione del permesso per casi speciali in permesso per lavoro, condannando di fatto all’irregolarità le persone che andavano in scadenza.

Con le modifiche introdotte dal governo Conte II nel 2020, non si è ripristinata la protezione umanitaria ma ci si è andati molto vicini con la nuova dicitura di protezione speciale, collegata al divieto di espulsione e respingimento in caso di rischi di tortura e trattamenti inumani e degradanti e al rispetto della vita privata e familiare, della protezione della salute e degli obblighi internazionali dell’Italia. Questa dicitura amplia notevolmente la casistica prima descritta in modo specifico; se sarà utilizzata nella stessa misura in cui veniva utilizzata precedentemente la protezione umanitaria ce lo diranno i dati.

Asilo politico, protezione sussidiaria e speciale: i dati in Italia

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, nel 2021 sono state esaminate 53.609 domande di asilo, + 99% rispetto al 2020. 7.383 (il 14%) hanno ottenuto lo status di rifugiato, 7.348 (14%) la protezione sussidiaria, 7.092 (14%) la protezione speciale. In totale quindi, nel 2021 circa 1 richiedente asilo su 3 ha ricevuto una forma di tutela.

I dinieghi sono stati oltre 30 mila, e rappresentano il 58% dei casi. Va precisato che questi numeri si riferiscono agli esiti delle richieste esaminate dalle Commissioni territoriali d’asilo. Coloro che ricevono un diniego della protezione possono presentare ricorso e – secondo una ricerca Sprar riferita al 2016 – circa il 50% dei ricorrenti ottiene una forma di protezione in seconda istanza.

Le differenze rispetto al 2020 sono notevoli e fanno registrare un + 98% di richieste di asilo, a fronte di un +22% di decisioni adottate. Ci sono oltre 32.000 decisioni pendenti, ovvero persone che sono in attesa di ricevere una risposta.

Per quanto riguarda la composizione degli esiti, la percentuale di persone che ottengono lo status di rifugiato è in crescita, dal 5% del 2015 è progressivamente salito al 14% del 2021. In crescita anche la percentuale di chi ottiene la protezione sussidiaria e la protezione speciale, dal 2 al 14% dei casi tra il 2020 e il 2021. Ci aspettavamo un notevole incremento di questa percentuale nel 2021, data l’entrata in vigore della riforma Lamorgese che ha ampliato il numero dei casi a cui si può concedere questo tipo di permesso.

Non si tratta ancora di un ritorno ai numeri della protezione umanitaria. Fino all’anno in cui è rimasta in vigore, il 2018, la protezione umanitaria veniva concessa a 15-20 mila persone l’anno, corrispondenti al 20-25% delle domande di asilo esaminate.

Quando è stata abrogata la protezione umanitaria, la percentuale dei dinieghi, che era intorno al 60% fino al 2018, è balzata all’81% del 2019 e 76% del 2020. Nel 2021 si è abbassata al 58%, tornando a numeri simili al 2018.

Questi dati riposizionano l’Italia in media con i paesi in Europa per percentuale di esiti delle richieste di asilo che risultano in protezione internazionale. Secondo i dati Eurostat, la media UE è di oltre il 40% di riconoscimenti in prima istanza, con paesi come Olanda e Austria che superano il 60%. La percentuale di esiti positivi resta in calo in tutta Europa, fino al 2018 la media era quasi del 60%.

La presa del potere in Afghanistan dei talebani ha decisamente incrementato le risposte positive rispetto alle richieste di asilo in Afghanistan, così come è ampiamente prevedibile che i numeri positivi delle richieste ucraine dopo lo scoppio della guerra in Ucraina saranno molto alti.

La tabella riassume le decisioni adottate in Italia per paese di provenienza dei richiedenti asilo. Come vediamo, la protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria) viene concessa in modo significativo a richiedenti asilo provenienti da Afghanistan, Venezuela, Somalia, Iraq, El Salvador, Mali. Risultano quasi sempre in dinieghi le richieste di asilo di cittadini di Bangladesh, Costa d’Avorio, Gambia, Marocco, Senegal, Tunisia.

Paese Rifugiato Sussidiaria Speciale Diniego
Afghanistan 57% 35% 0% 7%
Albania 10% 1% 36% 53%
Bangladesh 2% 2% 15% 81%
Costa Avorio 6% 8% 10% 75%
El Salvador 23% 27% 21% 29%
Gambia 2% 5% 14% 78%
Iraq 21% 51% 5% 23%
Mali 2% 47% 23% 28%
Marocco 8% 1% 19% 73%
Nigeria 14% 5% 14% 68%
Pakistan 5% 14% 10% 70%
Perù 14% 2% 24% 61%
Senegal 2% 5% 20% 73%
Somalia 44% 48% 1% 7%
Tunisia 2% 0% 8% 89%
Ucraina 4% 29% 34% 34%
Venezuela 23% 63% 7% 7%

Qui trovate il confronto delle richieste di asilo presentate nel 2020 e nel 2021 per Paese di provenienza.

Tutti i numeri sugli stranieri in Italia e in Europa, li trovate qui

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