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La prima volta da sola: viaggio in Cambogia zaino in spalla

viaggio in cambogia
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@claudia dagrada

Come si suol dire, la prima volta non si scorda mai. E così è stato anche per il mio primo viaggio in Cambogia in solitaria. Il “sorriso khmer” della sua gente, il verde dei suoi campi di riso, la sua storia così intensa ne fanno una meta che lascia davvero il segno.

Quando ho detto a parenti e famigliari che sarei partita per la Cambogia, mi hanno guardata come fossi pazza (è successo anche quando sono partita per Napoli, tranquilli): di tutto il Sud-Est asiatico, penso che nell’immaginario comune sia la meta più esotica, selvaggia e pericolosa.

Io invece non solo non ho mai avuto il senso del pericolo, ma mi sono sentita letteralmente a casa. Non mi è più ricapitato. È impossibile spiegare una simile sensazione, era come se la conoscessi già. Forse in un’altra vita, chissà…

Sta di fatto che il viaggio in Cambogia occupa un posto tutto speciale nel mio cuore. È stata infatti la mia prima esperienza in solitaria, nel lontano 2010, tanto pensata e soprattutto voluta.

E perché proprio la Cambogia?
Essenzialmente per due motivi: molti backpacker me l’avevano consigliata durante i precedenti viaggi in Malesia e Thailandia con le amiche. Me la descrivevano come una terra meravigliosa e sicura per le donne da sole. Ho provato quella strana sensazione allo stomaco che ho poi imparato a seguire a occhi chiusi, perché significa che la destinazione che ho scelto è quella giusta.

@claudia dagrada

La seconda ragione è per il famoso sorriso khmer che infonde un incredibile ottimismo. Se pensiamo a quello che i cambogiani hanno vissuto durante il regime di Pol Pot, che dal 1975 al 1978 ha sterminato 2 milioni di persone, ovvero 1/3 della popolazione, alla guerra civile che ne è seguita e alla povertà attuale, la domanda nasce spontanea: ma come fanno a sorridere ancora?

In quel momento della mia vita, per un brutto lutto io non sorridevo più e sapevo che questo viaggio me lo avrebbe insegnato di nuovo. E così è stato: la gentilezza e la dolcezza dei cambogiani per me al momento non hanno eguali. Erano sempre sorridenti e non mi hanno mai dato quella sensazione di tristezza o disperazione che uno si aspetterebbe.

E questa è stata una grande lezione di vita per me.

Non è stato sempre facile ovviamente, questo sì: per la prima volta in vita mia i mendicanti, di tutte le età, mi chiedevano non i soldi, ma il cibo. Spesso erano mutilati, senza gambe o braccia, perché la Cambogia tutt’oggi ha molte delle mine sganciate durante la guerra negli anni Settanta.

Questo quadretto può sembrare “poco invitante”, per usare un eufemismo, ma credetemi, se avete la curiosità di scoprire la Cambogia andateci, perché davvero è un viaggio che arricchisce. Se lo fate con consapevolezza e con l’idea di aiutare questa gente nel giusto modo, è un’esperienza che farà un gran bene a voi e a loro. A me ne ha fatto parecchio.

Senza contare poi la natura rigogliosa e incontaminata di questo Paese: i campi di riso a perdita d’occhio, il verde così intenso, tutto è ancora impresso nei miei occhi come fosse ieri.

@claudia dagrada

Questo per farvi capire cosa mi ha portato in Cambogia e cosa ci si deve aspettare.
Passiamo quindi al viaggio vero e proprio! La Cambogia è organizzatissima per gli spostamenti in pullman e i prezzi sono molto bassi. I biglietti si possono comprare presso le agenzia o negli alberghi e le guesthouse.

Ecco dunque le mie tappe: sono partita da Nord in direzione Sud. Non potevo infatti che cominciare da una delle mete di culto planetario: Angkor.

@claudia dagrada
La Cambogia – o meglio, il Regno di Cambogia – è una monarchia costituzionale. Il paese è stato protagonista di una storia drammatica negli ultimi 50 anni, che l’ha visto coinvolto nel conflitto vietnamita e soggetto all’epoca di terrore dei Khmer rossi, che guidati da Pol Pot massacrarono e uccisero 2 milioni di cambogiani, equivalente ad un terzo della popolazione.

La Cambogia ha iniziato a risollevarsi all’inizio degli anni ’90, quando ci sono state elezioni sotto il controllo dell’Onu ed è stata promulgata una nuova Costituzione. L’attuale capo di Stato è il re Norodom Sihamoni e a capo del governo c’è Hun Sen, del Partito Popolare Cambogiano. Hun Sen è capo del governo dal 1993, data delle famose elezioni ed è il presidente con la maggiore anzianità di mandato nel sud est asiatico: per questo viene accusato dagli oppositori di essere un dittatore che domina con la forza.

Vi accorgerete girando per il paese e parlando con i cambogiani di come il passato sia tutt’altro che alle spalle: il paese sta ancora facendo i conti con il genocidio e ci vorranno ancora molti anni e diverse generazioni perché la popolazione possa elaborare davvero quello che è successo.

Oggi la Cambogia è un paese per lo più rurale, con forti disuguaglianze e grande povertà: tuttavia per chi lo visita non ci sono motivi di preoccupazione per quanto riguarda sicurezza e violenza. Non avventuratevi in zone rurali abbandonate, il paese non è ancora libero da mine e ordigni inesplosi risalenti alla guerra. Per entrare in Cambogia avrete bisogno di un visto, che potrete fare tranquillamente all’entrata nel paese.

A cura della Redazione Politica di Le Nius

Viaggio in Cambogia zaino in spalla

I templi di Angkor

@claudia dagrada

Angkor è il simbolo incontrastato della Cambogia: parliamo infatti di un sito archeologico di 400 km2, che un tempo ospitò la capitale dell’Impero khmer. Orgoglio spirituale e nazionale, patrimonio dell’UNESCO, vanta centinaia di templi induisti e buddisti.

Il più famoso è Angkor Wat, l’edifico sacro più grande del pianeta, ma quelli imperdibili sono davvero tanti: Bayon, Ta Phrom (quello in cui edifici e giungla vivono in simbiosi, location di Tomb Raider per intenderci) il complesso di Rolous solo per citarne alcuni. I templi furono costruiti orientativamente dall’800 al 1400, e sono la più maestosa testimonianza del passato cambogiano. Nonostante la ressa, visitare questi luoghi è pura magia.

La cittadina di Siem Reap è il punto nevralgico che ospita alberghi e guesthouse per andare alla scoperta di Angkor. Per visitare il sito bisogna acquistare un biglietto giornaliero (20 dollari), oppure una tessera che dà accesso per tre giorni (40 dollari) o una settimana (60 dollari). Io ho optato per la seconda. Per muovermi non ho seguito tour organizzati ma ho arruolato un taxi driver che per soli 10 dollari al giorno era a mia completa disposizione. Mi sono affidata completamente ai suoi consigli, le dritte dei locali sono sempre le migliori.

C’è comunque qualche pazzo che decide di affittare una bici, il che ha sicuramente i suoi vantaggi, ma vi avviso che il caldo e le distanze ammazzano!

@claudia dagrada

Navigando sul fiume verso Battambang

@claudia dagrada

Questo lo consiglio caldamente, perché è il viaggio fluviale più bello della Cambogia! Da Siem Reap ho preso una piccola imbarcazione che, percorrendo il fiume Stung Sangker, mi ha portato a destinazione. Il viaggio è stato più caro e più lungo rispetto a quello in bus (ci sono volute circa 7 ore), ma ovviamente non c’è confronto: invece di percorrere una banalissima strada ti trovi in mezzo alla vegetazione e la cosa più bella era vedere i villaggi sull’acqua, dove la gente vive in casette costruite sulle zattere.

Scopri la vita sul fiume con pescatori e commercianti, bambini che fanno il bagno: un altro mondo! E basta che alzi la mano e tutti che ti salutano!

La città di Battambang, la seconda della Cambogia per dimensioni, in sé non ha niente di speciale a mio avviso, ma la campagna circostante è a dir poco spettacolare. Qui ho ingaggiato un moto taxi che sempre per 10 dollari mi ha portato in giro tutto il giorno come una trottola. Ho visitato i templi di Phnom Banan e il bellissimo Phnom Sampeau, da cui si ha una vista sulla campagna circostante che fa battere forte il cuore.

Altrettanto forte ma nel senso opposto la vista nelle Grotte dell’eccidio: una lunga scalinata in discesa porta all’interno di una caverna dove si trovano ossa e teschi. Guardando in alto infatti si vede un’apertura, dalla quale i khmer rossi gettavano i prigionieri. Ho iniziato a piangere a singhiozzi come una bambina. La Cambogia non è solo questo, ma se la si vuole conoscere nel profondo bisogna accettare anche pugni nello stomaco.

@claudia dagrada

Phnom Penh: alla scoperta della capitale

@claudia dagrada

Salutata Battambang, ho preso un pullman che in circa 5 ore mi ha portato nella capitale cambogiana. Quello che mi è piaciuto di Phnom Pehn è che, rispetto ad altre metropoli del Sud-Est asiatico come Bangkok, Kuala Lumpur o Hanoi, è meno caotica e soprattutto molto meno turistica. C’erano vie in cui ero l’unica occidentale e questo per me vuol dire stare in paradiso!

Trovarmi di fronte al diverso è ciò che mi manda davvero in visibilio! C’erano donne che camminavano con le ceste sulla testa, barbieri improvvisati lungo la strada con lo specchio attaccato al muro, risho alla vecchia maniera, con un lungo sedile di paglia davanti e il guidatore che pedalava alle mie spalle.

Adagiata sulle rive del Mekong, dove confluiscono le acque dei fiumi Tonlè Sap e Tonlè Bassac, Phnom Penh ospita due milioni di abitanti. Di cose da vedere a fare ce ne sono molte, dal Palazzo Reale alla Pagoda d’Argento, dal Museo Nazionale al Tuol Sleng. Quest’ultimo è una crudissima testimonianza del regime di Pol Pot: si tratta di una ex scuola convertita in un carcere, con tanto di foto dei detenuti.

Dopo quella visita, è bene tornare alla disarmante bellezza della Cambogia e vi consigli di fare un salto ai mercati! Incontrerete i locali, sentirete il profumo del cibo tipico, vedrete alimenti mai visti! Molto bello, soprattutto per la cupola che lo sovrasta, è il Mercato Nuovo (Psar Thmei), ma io ho preferito quello Russo (Psar Tuol Tom Pong) con i suoi corridoi minuscoli mi pareva più tipico e i prezzi erano più bassi.

Pur essendo una città povera, non ho mai sentito il senso del pericolo a Phnom Penh. Ho chiesto comunque consiglio alla proprietaria della guesthouse sul portare con me la mia macchina fotografica (una semi-professionale) e sul girare a piedi da sola la sera e in entrambi i casi mi ha risposto che era meglio evitare.

@claudia dagrada

Kampot: un tour per il Parco Nazionale

@claudia dagrada

Questa meta l’ho decisa all’ultimo minuto, ascoltando i consigli di altri viaggiatori incontrati lungo il cammino e non me ne sono pentita! Quello che mi attirava era il Parco Nazionale di Bokor, quasi 1.600 km2 di foresta! Per visitarlo mi sono unita a un gruppo turistico, cosa che normalmente evito, ma come ho detto la Cambogia è ancora molto minata e uscire da percorsi sicuri può costare una gamba se va bene, altrimenti la vita. Oltre al parco ho visitato le cascate di Popokvil e la stazione climatica francese (un relitto dello sfarzo del passato).

Andare a zonzo per la foresta ha richiesto uno sforzo immenso da parte mia, perché ho la fobia delle sanguisughe! Dove l’umidità è al massimo questi animali abbondano. Ma ne è valsa la pena, perché il panorama visto dalla montagna era davvero immenso: il verde della foresta e mare, mare a ancora mare a perdita d’occhio!

Il mio viaggio cambogiano era giunto al termine. Un meraviglioso addio dunque, ma mi aspettava un’isola thailandese appena dopo il confine.
Ma questo, è un altro viaggio!

@claudia dagrada

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