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Treviso: da roccaforte leghista a laboratorio di convivenza

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Treviso intollerante. Razzista. Carina ma chiusa. E via dicendo. Tutto perché un astuto (ex) Sindaco ha espresso con parole in libertà quello che pochi dichiaravano ma molti volevano sentirsi dire. Essere protetti. Sicuri.

Intanto la città viveva un’immigrazione massiccia – oggi gli stranieri sono quasi il 13% della popolazione – ma armoniosa e riuscita. Merito della grinta leghista? A me è sembrato, nei 25 anni in cui ci ho vissuto, che sia stato dei trevigiani seri ma bonari, della coesione fattiva e non urlata, degli stranieri laboriosi e sobri.

Insomma, dall’esterno Treviso sembrava un inferno per gli immigrati. Non lo era, così come non è il paradiso adesso, ma la convivenza è vissuta in modo equilibrato. In altri luoghi un po’ più abili con il marketing politico si sarebbe parlato orgogliosamente di “modello Treviso”. Invece niente modello, solo vita quotidiana.

Nonostante il ventennio leghista (o forse proprio a causa di quello) la società trevigiana era già andata avanti, molto più della politica. Ora il contesto politico è cambiato, e tenta di recuperare il ritardo. Non c’è più Papà Gentilini, sostituito da un sindaco Pd, un avvocato passato per scout e scuole cattoliche.

Intanto a 20 anni di distanza gli immigrati cominciano ad avere figli, magari nati qui. Presto o tardi saranno cittadini italiani. Le norme attuali, che prevedono una residenza continuativa di almeno 10 anni prima di poter fare domanda, sono destinate ad essere superate dalla società.

Il neo Sindaco ha cercato di diminuire il gap tra società e politica emanando un’ordinanza che assegna la cittadinanza civica (cioè simbolica, onoraria, priva di effetti giuridici) ai ragazzi stranieri nati e residenti a Treviso, di età compresa tra i 6 e i 19 anni. Nonostante gli apprezzamenti nientemeno che del Guardian, subito le opposizioni si sono indignate con il primo cittadino “bolscevico”.

Ripeto: la misura è “priva di effetti giuridici”. È un simbolo, forse un augurio. Tutto qua. Molto rumore per nulla. Ma veramente c’è chi immagina orde di stranieri che, “armati di cittadinanza”, concorrono alle case popolari e agli asili nido e si aggregano in temibili partiti italofobi?

La verità è che la società sta cominciando a riconoscere, anche politicamente (seppur non giuridicamente), ciò che da tempo sta avvenendo. Anche nella bella e quieta Treviso.

Andateci, a Treviso. Merita davvero. Vedrete ragazzi di tutte le etnie scherzare in dialetto rincorrendosi sotto gli ospitali portici medioevali. Altro che razzismo.

Foto | arcimilano.it

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