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Il terrorismo nel mondo attraverso i dati

terrorismo nel mondo
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Il terrorismo è un fenomeno che esercita una presa emotiva molto forte, e il rischio in questi casi è di affrettarsi in analisi poco lucide. Per questo ci vengono in soccorso i dati, che ci offrono utili spunti e strumenti di riflessione per analizzare il terrorismo nel mondo dal punto di vista storico e geografico.

Terrorismo nel mondo: una panoramica

Il Global Terrorism Data Base classifica tutte le azioni terroristiche dal 1970 ad oggi secondo il seguente criterio: “l’uso minacciato o effettivo della forza e della violenza illegale da parte di un attore non statale per raggiungere un obiettivo politico, economico, religioso o sociale attraverso la paura, la coercizione o l’intimidazione”.

Secondo questo criterio dal 1970 al 2018 sono 416 mila le persone rimaste uccise in attacchi terroristici e 537 mila quelle ferite, di cui quasi la metà uccise nell’ultimo decennio. In sintesi, tra vittime e feriti siamo quasi ad un milione di soggetti colpiti in quasi 50 anni.

Gli attacchi terroristici cominciano ad aumentare in maniera significativa a partire dall’inizio degli anni ottanta, con una media annuale costante intorno alle 6-7 mila vittime fino al 2009 incluso. Anche il numero di soggetti colpiti (morti e feriti) cresce costantemente: 116 mila nel decennio 1980-89; 144 mila tra il 1990-1999; 214 mila tra il 2000-2009.

Nel periodo 2010-2018 il numero di soggetti colpiti sale in maniera esponenziale fino a circa 460 mila. Dato ancor più drammatico se si considera che questi valori rappresentano il 48% del totale dei colpiti dal 1970.

Terrorismo nel mondo: il biennio 2017-2018

Per un’analisi storica dell’evoluzione del terrorismo nel mondo tra il 1970 e il 2016 rimandiamo alla pagina 2 di questo articolo, ci concentriamo invece qui sulle ultime evoluzioni del fenomeno.

A fronte dei dati impressionanti citati in apertura, si registra una notizia positiva: dal 2014 – peggior anno di sempre con ben 45 mila morti – il numero delle vittime di azioni terroristiche è in continuo calo: 38 mila morti nel 2015, 25 mila nel 2016, 19 mila nel 2017, 13 mila nel 2018.

I paesi musulmani continuano a concentrare il maggior numero di vittime: sia nel 2017 che nel 2018 circa il 70% delle uccisioni di civili riguarda residenti in nazioni a maggioranza islamica.

In questo scenario l’Afghanistan rimane il principale teatro di operazioni terroristiche: circa 9 mila le vittime complessive tra il 2017 e 2018, pari a un quarto di tutti i morti causati dal terrorismo nel mondo.

Un paese in cui sono impegnati anche circa 800 uomini delle forze militari italiane all’interno della missione NATO, e che dal 2001 ad oggi ha visto tra l’altro una spesa per l’Italia di un budget complessivo di quasi 7 miliardi di euro.

Si registra invece un importante calo di vittime del terrorismo in Iraq, da 4.271 nel 2017 a 1.118 nel il 2018, complice la sconfitta dell’Isis e della sua capacità di azione.

Anche per quanto riguarda l’Unione Europea, che negli ultimi anni ha visto diverse città colpite da attacchi terroristici, vi è una notevole diminuzione del fenomeno: dal picco del 2015 con 149 morti ai 13 del 2018.

In Europa rimane aperta la questione degli ex foreign fighters, ossia i cittadini europei partiti per combattere la guerra civile in Siria nelle file dell’Isis, stimati in circa cinquemila, di cui 1,5 mila sarebbero di ritorno nelle rispettive nazioni. Su questo tema è aperto un ampio dibattito rispetto al tipo di approccio da seguire, se deve prevalere cioè un atteggiamento penale e sanzionatorio o se è preferibile un processo di riabilitazione dei soggetti all’interno della società civile.

Gli attacchi terroristici peggiori di sempre

Le stragi con il maggior numero di vittime sono attribuite a gruppi jihādisti quali Al-Qaeda (attentato delle Torri Gemelle) e Isis (massacro di Camp Speicher, nome della base dell’aereonautica irachena dove furono uccisi sommariamente migliaia di soldati iracheni). Tuttavia nel corso di quasi 50 anni si sono registrati massacri compiuti da diverse tipologie di organizzazioni: nazionaliste, indipendentiste, guerrigliere, reazionarie, che per raggiungere i loro obiettivi hanno utilizzato l’opzione del terrorismo.

La tabella seguente riporta i 10 maggiori attacchi terroristici per numero di vittime, riportando anno, luogo, organizzazione e numero di morti causati.

2001 New York, USA Al-Qaeda 2.765
2014 Tikrit, Iraq Isis 1.700
1994 Gikoro, Ruanda Estremisti Hutu 1.180
2014 Badu, Iraq Isis 670
2017 Mogadiscio, Somalia Al-Shabaab 588
2004 Dhading, Nepal Partito Maoista 518
2014 Siria Isis 517
2014 Sinjar, Iraq Isis 500
2016 Palmyra, Siria Isis 433
1978 Abadan, Iran Mek 422

Terrorismo nel mondo: Conclusioni

Osservando i dati fin qui proposti, circa il 70% di tutte le vittime del terrorismo mondiale ricade in soli 15 paesi e tra questi non vi sono paesi europei, mentre le nazioni maggiormente colpite da azioni terroristiche sono l’Iraq e l’Afghanistan, che totalizzano insieme oltre centomila vittime.

Dato ancora più drammatico se si considera che entrambi i paesi sono stati oggetto di interventi militari di coalizioni internazionali a guida statunitense, che durante gli anni si sono rivelati disastrosi e drammatici per la sicurezza e la stabilita di quei paesi, dando il via poi a una escalation terroristica senza precedenti.

Il grafico riporta il numero delle vittime per ogni azione terroristica in ciascun paese. Non è detto che i soggetti colpiti siano cittadini di quel paese, ad ogni modo abbiamo un quadro piuttosto significativo. Ai dieci paesi indicati seguono Algeria, Nicaragua, Somalia, Filippine e Yemen.

Sembra quindi esserci una forte correlazione tra conflitti militari in corso e attentati terroristici, come si può leggere a pagina 42 del rapporto Global Terrorism Index 2018:

C’è una forte correlazione tra l’intensità di un conflitto e terrorismo. Infatti nei paesi dove i conflitti sono più intensi si registra anche un più alto numero di morti da terrorismo; e la maggior parte di questi si verificano in paesi in stato di guerra.

Esemplare il caso dell’Afghanistan. Secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite (pdf) nel conflitto che vede contrapposte le forze governative e americane contro le forze ribelli talebane sono stati 1.773 i civili colpiti nei primi tre mesi del 2019: 581 morti e 1.192 feriti. Tra le vittime civili, il 52% è stato provocato da azioni delle forze governative; in particolare il 25% (ossia un civile su quattro) dalle forze militari internazionali. Paradossalmente, coloro che dovrebbero pacificare il paese hanno prodotto un maggior numero di civili uccisi delle forze terroristiche sul campo.

Più in generale, il fenomeno terroristico è in una fase di diminuzione, con diversi teatri di massacri quasi quotidiani nel corso degli anni che sono andati verso un processo di normalizzazione: si pensi a Belfast o Medellin, che in seguito ai faticosi processi di pace avviati in Irlanda del Nord e Colombia tra le istituzioni e le forze ribelli dell’epoca (l’I.R.A e le Farc) oggi sono città in ripresa sia dal punto di vista economico che culturale.

È quindi evidente l’importante ruolo che gioca la politica: laddove questa, con tutti i suoi limiti, si riappropria della sua autorevolezza, delle sue funzioni e capacità per dirimere e risolvere le cause dei conflitti, nel lungo periodo i risultati tendono a vedersi.

Viceversa, laddove gli interessi geopolitici diventano prioritari, e si combatte il terrorismo solamente sul piano militare e securitario, senza rimuovere le cause sociali all’origine e crescita dei movimenti terroristici, c’è il forte rischio di peggiore la situazione.

Terrorismo nel mondo: una panoramica 1970-2016

Da una prima elaborazione dei dati statistici, dal 1970 ad oggi sono circa 384 mila le persone rimaste uccise in attacchi terroristici e 496 mila quelle ferite, per un totale di persone colpite pari a 880 mila soggetti.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

Gli attacchi terroristici cominciano ad aumentare in maniera significativa a partire dall’inizio degli anni ottanta, con una media annuale costante intorno alle 6-7 mila vittime fino al 2009 incluso. Anche il numero di soggetti colpiti (morti e feriti) cresce costantemente: 116 mila nel decennio 1980-89; 144 mila tra il 1990-1999; 214 mila tra il 2000-2009.

A partire dal 2010 il numero delle vittime sale in maniera esponenziale: 170 mila i caduti per mano del terrorismo e 218 mila i feriti. Dato ancor più drammatico se si considera che questi valori, calcolati su sette anni, sono superiori al totale dei colpiti tra il 1990 e il 2009. Anche il numero degli attacchi è aumentato in maniera vertiginosa dal 2010 in poi, triplicandosi rispetto al decennio precedente.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

Storia e geografia del terrorismo nel mondo

Utilizzando le macro aree geografiche/geopolitiche definite dai ricercatori dell’Università del Maryland, si osserva che nel decennio che va dal 1970 al 1979 quasi la metà degli attacchi terroristici colpirono l’Europa.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

In questi anni in Europa abbiamo la presenza di un terrorismo “da sinistra”, un terrorismo “da destra” e vari movimenti nazionalistici che utilizzano il terrorismo come strumento di lotta per ottenere l’indipendenza nazionale.

Il maggior numero di attacchi avviene in Irlanda del Nord (Ulster), in un’area grande quanto la Toscana: da una parte l’I.R.A., l’esercito repubblicano cattolico che punta all’annessione con il resto dell’Irlanda, con 1.084 attacchi, dall’altro la UVF, corrispettivo dei protestanti, con 265 attacchi. Seguono poi i nazionalisti baschi dell’ETA in Spagna e le Brigate Rosse in Italia con circa 100 attacchi ciascuno.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

Nel decennio 1980-1989 il fenomeno del terrorismo in Europa comincia a ridursi drasticamente, passando dal 48% al 15% come ‘peso’ di tutti gli attacchi terroristici mondiali, e l’epicentro mondiale del terrorismo diventa il continente americano.

Oltre la metà di tutti gli attacchi terroristici nel mondo avviene in Centro e Sud America, per la contemporanea presenza di: movimenti di guerriglieri di ispirazione comunista, forze paramilitari, cartelli di narcotrafficanti organizzati con veri e propri eserciti, dittature militari.

Tutti questi soggetti fanno sì che dal 1979 al 1998 il terrorismo in questa area aumenti dal 29% al 55% di tutto il terrorismo mondiale. I movimenti più attivi sono quelli guerriglieri di Sendero Luminoso in Perù, con 3.132 attacchi, ed il Fronte Martì Liberazione Nazionale in Salvador con 2.543 in soli dieci anni. Minima invece la quota di attacchi in Medio Oriente e Nordafrica, pari al 9% di tutti gli attacchi terroristici.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

Alla fine degli anni ottanta la caduta del Muro di Berlino e la disintegrazione dell’Unione Sovietica decretano la fine della guerra fredda ed incidono decisamente sull’evolversi del terrorismo nel mondo: alcune aree geopolitiche perdono di importanza e molti movimenti guerriglieri storici che operano in Sud America tendono a scemare, tanto che dal 1999 al 2009 il peso del terrorismo mondiale in questa area del continente americano si riduce dal 20% al 5%.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

Il decennio successivo è marchiato dall’attacco terroristico di Al Qaeda dell’11 settembre 2001, che nell’immaginario collettivo costituisce una sorta di “dichiarazione di guerra” da parte dei fondamentalisti islamici all’Occidente.

Evento che a sua volta ha determinato una serie di interventi militari da parte di coalizioni a guida americana, quali l’intervento in Afghanistan (2001) per combattere il movimento terroristico di Osama Bin Laden e la guerra ed occupazione dell’Iraq (2003).

Questi sconvolgimenti degli equilibri geopolitici – per esempio la caduta di Saddam Hussein – danno il via ad una serie mai registrata prima di attacchi terroristici: 5.190 in Iraq, 1.948 in Afghanistan e 1.978 in Pakistan, così che per la prima volta l’area definita come “Asia del Sud” compare nella mappa mondiale del terrorismo, con un terzo di tutti gli attacchi avvenuti nel decennio.

Accanto all’incremento della capacità di azione dei movimenti jihadisti, registriamo durante questo ventennio la tenuta del movimento Sendero Luminoso, che rimane ancora il più pericoloso, con 1.253 attacchi, seguito dal PKK (partito dei lavoratori del Kurdistan), con 838 attacchi in Turchia e le Tigri del Tamil in Sri Lanka, con 746 azioni. L’Europa invece, a partire dagli anni duemila esce dalle classifica delle area geografiche più colpite nel mondo.

Fonte: analisi ed elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati del Global Terrorism Data Base – Maryland University

A partire dal 2010, complice anche una serie di fattori concomitanti quali l’intervento internazionale in Libia e la relativa caduta del paese in diverse zone di controllo, l’inizio delle Primavere Arabe, la guerra pressoché permanente in Siria, si delinea uno scenario per cui quasi il 40% di tutti gli attentati terroristici nel mondo avvengono in Nord Africa e Medio Oriente.

I movimenti più attivi sono quelli jihadisti: 5.439 attacchi dei Talebani in Afghanistan, 4.337 dell’Isis, 2.594 di Al-Shabab in Somalia. Esce invece definitivamente il continente americano dalle aree più colpite.

Terrorismo nel mondo: gli sviluppi più recenti

Se consideriamo solo l’ultimo anno per cui sono disponibili dati completi, il 2016, notiamo che nove dei dieci paesi più colpiti dal terrorismo nel mondo sono stati a maggioranza islamica; quasi 20 mila dei 25 mila morti di terrorismo nel 2016 sono musulmani, corrispondente all’80% di tutte le vittime.

I dati del 2017, seppur parziali, confermano questa tendenza: vengono riportati 1081 attacchi terroristici nel mondo e 7397 vittime, concentrati soprattutto nei paesi islamici.

Fonte: Esri Story Maps e PeaceTech Lab

I movimenti terroristici più attivi sono quelli jihadisti, che sono anche i più letali: i cinque gruppi più attivi hanno da soli provocato la morte dell’80% di tutte le vittime del 2017.

Fonte: elaborazione di Fabrizio Ciocca su dati Esri Story Maps e PeaceTech Lab

Gli Stati Uniti, paese che da sempre definisce come prioritaria nella propria agenda politica la lotta al terrorismo, sono tra i paesi al mondo meno colpiti dal fenomeno in termini numerici: dal 1970 al 2016 si registra la perdita di 6.124 cittadini americani, pari all’1,6% di tutti i morti per terrorismo degli ultimi 47 anni.

Ancora osservando i dati appare chiaro che quasi sempre il terrorismo colpisce i paesi più instabili, instabilità cui molte volte hanno contribuito scelte politiche effettuate da altri paesi per tutelare i propri interessi, ma che alla lunga si sono rilevate disastrose per la sicurezza e la stabilità di quei paesi, dando il via ad un escalation terroristica in quei territori.

È naturalmente diritto-dovere di ogni Stato affrontare il terrorismo sul piano militare, sempre in un ambito di diritto internazionale, ma è altresì fondamentale agire per rimuovere le condizioni sociali, economiche e politiche che favoriscono la nascita e la crescita dei movimenti terroristici.

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