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Profughi siriani a Milano: nostalgie e nuovi bisogni

nuovi bisogni
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2 Dicembre 2013

Ha nevicato in questi giorni, ma quando vado al centro, chissà come mai, c’è sempre una meravigliosa giornata di sole. Percorrendo i gradini della scalinata d’ingresso, mi torna in mente quello che ci siamo detti al primo incontro tra volontari. Una parola mi ronza nella testa: intenzionalità. Sono qui perché voglio trasmettere buon umore, serenità e gioia di vivere.

Mentre sistemiamo un po’ la stanza dei giochi chiedo ad Anna come stanno Abud e Amud. “Non lo so…se ne sono andati. Sono partiti ieri”. E adesso? Dove saranno Abud, Amud, la loro mamma, lo zio? Saranno anche loro “rispediti al mittente”? Riusciranno a raggiungere familiari e amici in Germania o in Svezia? O cos’altro ancora?

Tra partite di pallone e giochi di magia

Al punto giochi ci sono Ġaaleb, un ragazzino sui dodici anni che è al centro da più di un mese ormai; Roua, coetanea di Ġaaleb, arrivata da meno di una settimana; e il suo fratellino minore Noureddin.

Approfittiamo del sole per portarli a giocare all’aperto nel parco vicino al centro. Parliamo, ridiamo, ci tiriamo il freesbee e improvvisiamo una partita a calcio. Un pomeriggio divertente e liberatorio.

“Oggi abbiamo studiato il gioco!” commenta Noureddin sulla strada di “casa”. Dico a Roua che sono molto felice di aver giocato a calcio insieme, mi sono divertita tantissimo. “Anche io sono felice! è la prima volta che giochiamo all’aperto da quando siamo scappati dalla Siria. In Libia avevamo paura!”.

Tornati al punto giochi mi accorgo che Ġaaleb sta maneggiando delle carte e gli chiedo se vuole vedere un gioco di magia. Sì, vuole, e vogliono anche gli altri. Allora improvviso l’unico gioco di magia che conosco e per fortuna mi riesce bene.

È divertente perché prevede che siano gli stessi spettatori a mischiare le carte. Non riescono a capacitarsi di come sia possibile. “Magic game!”, ammicco. Dopo averla tirata abbastanza per le lunghe svelo il trucco e Roua ci fa il gioco. Le riesce perfettamente. Dopo di lei anche Ġaaleb prova, con successo! è bello vederli ridere.

Nostalgia di casa e nuovi bisogni

Ci mettiamo a disegnare io Roua e Ġaaleb, mentre Noureddin gioca a Memory con Anna e Clelia. Dopo bandiere siriane varie, sia Roua che Ġaaleb passano a disegnare il tipico paesaggio siriano: montagne, fiume, prato, alberi in fiore.

Anche io disegno il paesaggio di casa mia: il mare e il Vesuvio. Gli racconto che si tratta di un vulcano e Roua mi dice che in Siria, invece, non ce ne sono, al-hamdulillah! Ci mancava solo il vulcano! Ġaaleb mi racconta che anche a casa sua c’è il mare: viene da Ladhqiya. “Sono stata a Ladhqiya!”, non mi crede. “Vero, vero: è bellissima!”, lui sorride.

Ġaaleb è un ragazzino molto allegro. Sa stare al gioco, gli piace stuzzicare ed essere stuzzicato, con lui si scherza e ci si prende in giro, ma senza mai esagerare. La prima volta che l’ho visto si era appena fatto tagliare i capelli da un amico ed era felicissimo. Roua è dolce e molto intelligente. Mi dà l’impressione di essere molto coraggiosa e indipendente.

Noureddin, il piccolino del trio, di tanto in tanto fa qualche capriccio perché si sente escluso, ma basta poco per tirarlo di nuovo in ballo. Ha problemi di memoria e chi ha a che fare con lui quotidianamente pensa che forse qualcosina non vada. “Chiunque a sette anni si trovi a vivere la guerra, la fuga, e tutto quello che è capitato a lui e alla sua famiglia, avrebbe una reazione simile, credo!” afferma una di noi. Concordo.

La loro mamma chiede di Anna. È in difficoltà perché è scappata da sola, senza il marito, con i suoi figli. Non sa a chi rivolgersi per chiedere ciò di cui ha bisogno. Ha vergogna di rivolgersi agli uomini per certe questioni personali (come di igiene) e al momento non c’è una mediatrice donna al centro. Anna è il suo punto di riferimento: è lì da più tempo e parla abbastanza bene l’arabo.

Purtroppo, però, non conosce le risposte alle domande di natura legale che la donna non smette di porle. “Vuole decidere cosa fare. È naturale che chieda consiglio. Ma ha bisogno di qualcuno di competente. Da quando è arrivata le sono state prese le impronte e le sono state scattate delle fotografie, non credo che potrà andare lontano”. Ha ragione Anna.

E allora? Cosa ne sarà di loro? E di Ġaaleb, che si trova al centro da più di un mese? Perché nonostante lo splendido lavoro di solidarietà che si sta svolgendo al centro non si riesce a fornire una valida consulenza legale a queste persone? Perché non si riesce a garantire la presenza di una mediatrice, indispensabile per le donne del centro?

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