Click. Schiacci il pulsante, si crea un collegamento.
Un collegamento casuale, non cercato né voluto, ma dettato dall’entropica connessione globale, per cui la realtà è un aggrovigliato insieme di cavi elettrici, lungo i quali gli impulsi viaggiano secondo percorsi imprevedibili. Schiacci il terzo pulsante e scoppia un boato da stadio.
Pro Evolution Soccer, il videogioco di calcio più amato in assoluto (assieme a quell’altro, che per ragioni di decenza non nominerò), può dirci tante cose sull’amicizia. Non solo perché è uno dei principali catalizzatori di serate in compagnia, passate a fare le ore piccole con tornei che suscitano entusiasmi e livori manco fossero i Mondiali di calcio. Ma anche perché ci può far capire come vediamo i nostri amici. Ecco, se per caso siete dell’altra parrocchia, fate finta che al posto di PES ci sia scritto… beh, voi sapete cosa, e proseguite pure nella lettura, serbando gli insulti per la fine dell’articolo.
Pro Evolution Soccer, dicevamo, è un gioco che si presta bene alla fruizione in compagnia. Ma il vero invasato ci gioca pure da solo a casa, magari la notte, a spese del sonno riparatore e a scapito dell’efficienza produttiva. E probabilmente ci gioca nella modalità Master League, nella quale può mettere in luce al contempo le proprie doti di giocatore, ma anche di allenatore. E se davvero la sua passione sconfina nella malattia, almeno una volta si sarà cimentato con l’imprescindibile Squadra degli Amici.
Giocare alla Master League di Pro Evolution Soccer con la Squadra degli Amici, significa spendere almeno un paio di sessioni a creare un team composto invece che da giocatori reali, dai propri compagni di scorribande, premurandosi di bilanciare le statistiche in base alle loro capacità, a cercare di ricreare i loro volti nella maniera più verosimile possibile, scegliendo uno per uno i loro modi di esultare quando vanno in gol. Insomma, perdere un sacco di tempo che potrebbe essere altrimenti dedicato al gioco in sé, oppure, perché no, a centinaia di altre attività più significative.
Il punto è che Pro Evolution Soccer è anche un prezioso indicatore sociale. Perché nel creare il team dell’Atletico Amiconi non potremo prescindere dalle reali capacità calcistiche dei suoi componenti. Il socio tanto bravo a giocare a pallone, che magari ha pure militato in qualche lega di tutto rispetto, non potrà che essere tra i più forti della squadra. E il pippone del gruppo, con tutto il bene che gli possiamo volere, non sarà mai un asso. Non sarebbe serio. E la Squadra degli Amici di PES è una cosa molto seria.
D’altro canto, è inutile nasconderlo: al momento di editare i giocatori in modalità modifica, le nostre simpatie, le preferenze, le antipatie magari inconfessate si faranno strada e andranno a influenzare in maniera sottile ma decisa le statistiche degli amici. Sì, va bene, lui è il più forte di tutti, ma è anche un po’ spocchioso e quindi gli tolgo 5 punti al controllo palla. Dai, quell’altro è uno spasso, io ci aggiungo quei 10 punti di velocità anche se in realtà ha lo scatto di un totem di ghisa. Anche i ruoli possono essere motivo di dispute interiori non indifferenti: a meno che non ci sia un amico portiere per vocazione, è probabile che il ruolo venga riservato a qualcuno che volete punire inconsciamente.
Insomma, non date retta ai delatori: Pro Evolution Soccer non è solo una perdita di tempo, è anche un utile percorso di autoanalisi, in grado di farci capire come percepiamo noi stessi e il mondo che ci circonda. E con questa scusa, possiamo tornare a buttare il nostro tempo alla guida dell’Atletico Amiconi. Olé olé olé! Arbitro cornuto! Amiconi campioni del mondo!
Click, il quarto pulsante accende…