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Patto anti accattoni in Veneto: la sinistra fa la guerra ai poveri

patto anti accattoni
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@Emanuel Leanza

Patto anti accattoni: proposte

“Noi qui non li vogliamo”. Sembra l’ennesima crociata contro l’Altro (qualsiasi esso sia) di una Lega Nord a caccia di consensi elettorali, invece è il succo di un patto anti accattoni tra i sindaci PD di Padova, Treviso e Venezia, che al tema hanno addirittura dedicato un tavolo di lavoro permanente avviato pochi giorni fa.

Lo chiamano in realtà “patto di sicurezza metropolitana”, e servirebbe a garantire che l’accattone cacciato da una città non vada a svolgere il proprio, pericolosissimo, mestiere nella città vicina. La soluzione che i tre sindaci propongono è il foglio di via con tanto di espulsione dal territorio nazionale, soluzione che sono anche intenzionati a portare all’attenzione di Camera e Senato.

Il (lugubre) sogno nel cassetto delle tre amministrazioni, a cui si sta per aggiungere Vicenza, è la creazione di una banca dati degli accattoni dell’area, in modo da poter “riconoscere subito un mendicante trovato in uno dei nostri Comuni”. Il che, indubbiamente, rappresenterebbe un grande passo avanti per la civiltà, sembra sottintendere l’Assessore alla Sicurezza del Comune di Treviso Roberto Grigoletto.

Il suo sindaco Giovanni Manildo ha appena ereditato un Comune a lungo governato dalla Lega Nord e dal suo “sceriffo” Gentilini e, preso forse dalla smania di non sfigurare rispetto al suo predecessore, sostiene di volersi battere “contro il racket dell’accattonaggio e per la sicurezza dei cittadini”. Con questa semplice e apparentemente innocua frase il neo sindaco sta affermando contemporaneamente che gli/le accattoni/e non sono cittadini/e e che la strategia migliore per estirpare il racket che li attanaglia è espellerli. Un po’ come se per lottare contro il pizzo imposto da una mafia locale si decidesse di chiudere tutti i negozi che lo pagano.

Lo stesso sindaco Manildo che pochi mesi fa aveva emanato un’ordinanza per concedere la cittadinanza onoraria ai ragazzi stranieri nati a Treviso, arriva ora ad auspicare l’applicazione della misura dell’allontanamento per almeno tre anni degli/delle accattoni/e, sostenendo tronfio che in questo modo il provvedimento diventerebbe in pratica un rimpatrio, essendo la grande maggioranza di essi stranieri.

Nonostante il tema sia stato trattato nei secoli da parecchi scrittori e sociologi*, è sempre triste constatare come le società scelgano di tracciare continuamente confini tra soggetti, norme, pratiche ed etiche di vita, accettandone alcune e rifiutandone altre (anche quando non apertamente in conflitto con la legge). E come la scelta venga fatta ignorando (o fingendo di farlo) le conseguenze sociali e le contraddizioni che simili provvedimenti recano con sé.

Patto anti accattoni: conseguenze

@ivid.it

La principale conseguenza del patto anti accattoni è la costruzione della categoria dell’accattone come nemico pubblico numero uno, come soggetto costantemente teso a scardinare con la sua mano, tesa anch’essa, l’altrimenti quieto vivere delle città del nord est.

La società territoriale è in questo modo indotta a ritenere che vi siano delle categorie di persone (“gli accattoni”, “gli stranieri”, “gli zingari”) che sono in qualche modo responsabili di una situazione di degrado sociale, economico, urbano e che la loro “rimozione” comporterebbe un miglioramento della qualità della vita.

Si tratta quindi di provvedimenti che confermano e rafforzano pregiudizi, e che simili messaggi vengano dalla politica è francamente sconfortante.

Questo vale a maggior ragione in questo periodo di pesante crisi socio-economica, che sta minando le fondamenta di quel modello economico veneto che per tanti anni è stato studiato e ammirato nel mondo. Ci si chiede dunque quale senso possa mai avere in questo contesto un patto anti accattoni: è davvero questo uno dei problemi più significativi in Veneto oggi?

Evidentemente no, se è vero che il lancio dell’iniziativa viene giustificato solo da parole pescate dal senso comune, da fatti riportati per sentito dire, da ipotesi di reato tutte da verificare. Nessuno studio, nessun dato, nessuna analisi. Si scelgono ideologicamente (secondo ormai non si sa più quale ideologia “di sinistra”) delle categorie e si decide di combatterle, ignorando le conseguenze.

Patto anti accattoni: contraddizioni

Ivo Rossi, sindaco reggente di Padova dopo l’avventura governativa di Flavio Zanonato, forse nel tentativo di “dire qualcosa di sinistra” mette l’accento sulla volontà di tutelare le fasce deboli, che per lui sono gli anziani, “indifesi di fronte alle molestie di chi chiede soldi con troppa insistenza”.

Perché questi stessi deboli e indifesi anziani non vengono tutelati dalle molestie di assicuratori che fanno stipulare loro polizze con troppa insistenza? Dove sono i sindaci di sinistra quando le banche, con assai maggiore insistenza, pignorano loro il quinto della pensione, quando non la casa, per rientrare dai debiti che hanno fatto contrarre loro? Perché non ci interroghiamo piuttosto sull’insistenza con cui la pubblicità ci molesta, facendoci spendere soldi inutili?

Il patto anti accattoni non è un patto anti assicuratori perché i ricchi contano più dei poveri. Con questo non voglio certo dare una morale alla favola, né auspicare rivoluzioni che innalzino gli accattoni a governanti della terra. Ma solo aprire uno squarcio sul velo di ipocrisia che galleggia sotto la linea di certe prese di posizione e di certi provvedimenti. E che ben poche sinistre hanno ancora il coraggio di vedere.

*Bibliografia minima

Castel Robert (2007), La metamorfosi della questione sociale. Una cronaca del salariato, Palermo: Sellino Editore (edizione originale 1995).
Orwell George, Senza un soldo a Parigi e a Londra, Milano: Mondadori (edizione originale 1933).
Pasolini Pier Paolo (1961), Accattone (film)
Simmel, Georg (2006), Lo straniero, Il Segnalibro (edizione originale 1908).
Simmel, Georg (2001), Il povero, Roma: Armando Editore (edizione originale 1908).

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