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Malinconia

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Una settimana fa, nel centro di prima accoglienza presso cui lavoro, mi è capitato un incontro, di cui tra poco vi parlerò. Da quell’incontro è nata una ricerca, e dalla ricerca è nata una risposta, e dalla risposta è nata un’idea. L’idea è far vivere le parole nelle vite delle persone. Creare ponti tra le loro storie e le mie interpretazioni, ricercare i significati vecchi, nuovi, banali, strampalati che le parole possono prendere quando incontrano altre persone e altre culture. Mescolandoli con ispirazioni prese da poesie, canzoni, saggi e umili riflessioni di chi scrive. Qui, ogni mese, su Le Nius.

Non è abbastanza chiaro? Sentite questa.

Una settimana fa, dicevo, William, un giovane ragazzo africano in Italia da poco più di due anni, mi ha chiesto quale fosse il significato della parola malinconia e io ci ho provato, sul serio, a spiegarglielo con tutto l’impegno possibile, nel modo più semplice, chiaro e diretto.

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata: “è un sentimento altissimo”. Ma i suoi occhi mi dicevano che serviva una spiegazione in più. Abbiamo cercato insieme sul dizionario Devoto-Oli e abbiamo trovato questa definizione:

Stato d’animo di vaga tristezza, spesso alimentato dall’indugio rassegnato o addirittura compiaciuto, nell’ambito di sentimenti d’inquietudine o delusione.

William parla un italiano impeccabile, e ha il ruolo di supportare l’insegnante che ogni pomeriggio tiene lezioni di italiano nel centro di accoglienza a studenti provenienti per lo più dall’Africa. Perché oltre all’italiano, William conosce l’inglese e altri tre o quattro dialetti africani.

La mattina invece è lui in prima persona a seguire gli studenti che hanno bisogno di fare qualche esercizio in più per entrare nella lingua, e quella mattina ci teneva a non farsi trovare impreparato sul significato di questa parola così sfuggente, malinconia. Così è uscito dalla classe per chiederlo a me.

Senza che io gli abbia dato una vera risposta, se non una fredda definizione da dizionario, William è rientrato in classe pensando di aver capito che si trattasse di tristezza, di delusione e d’inquietudine e io l’ho lasciato andare, con la pancia che mi spingeva a dirmi che una definizione, in fondo, va trovata proprio lì, nel nostro interno.

Sono certa che in altre lingue del mondo debba esserci una traduzione per la parola malinconia e se non dovesse esistere, non mi sconvolgerebbe. Ho imparato che dare un nome ad alcuni sentimenti serve solo formalmente a distinguerli e questo è tipico di alcune lingue, soprattutto quelle occidentali, dare un nome ad ogni cosa. Per altre però servono la pelle, le lacrime, la commozione.

Lost in translation* di Ella Frances Sanders, è un libro molto interessante, che illustra proprio come alcune parole esistenti in alcune lingue non siano traducibili in altre. Per esempio c’è tiàm, che in lingua farsi descrive “la scintilla negli occhi al primo incontro”, oppure ubuntu, che in lingua bantu esprime un concetto molto profondo: “io posso essere io solo attraverso voi e con voi”.

Un corrispettivo in ogni lingua non può esistere e questa è la ricchezza e l’enormità delle culture del mondo. Ma non di soli vocabolari, o traduzioni, vive l’uomo. Ci sono altre strade, mi sono detta, per capire meglio cos’è questa benedetta malinconia e, dopo aver cercato a lungo, mi sono persa tra le parole di Giacomo Leopardi che nello Zibaldone* scriveva:

Nei trasporti d’amore, nella conversazione coll’amata, nei favori che ne ricevi, anche negli ultimi, tu vai piuttosto in cerca della felicità di quello che provarla; il tuo cuore agitato sente sempre una gran mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa, anzi di molto di più.

E ancora prosegue Leopardi:

I migliori momenti dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che, e quasi ti rassegni riposatamente a una sventura e non sai quale. In quel riposo la tua anima meno agitata è quasi piena, e quasi gusta la felicità.

A poter tornare indietro, caro ragazzo, ti direi che per me malinconia è quell’alternarsi di pienezza e vuoto che possiamo provare solo quando restiamo in silenzio ad ascoltarci, ma forse è meglio così, non aver trovato una definizione. Ti auguro di scoprirla, mentre leggerai o penserai alla tua vita e, senza dover chiedere, troverai la tua risposta.

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