Malinconia4 min read

8 Giugno 2017 Società -

Malinconia4 min read

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malinconia

Una settimana fa, nel centro di prima accoglienza presso cui lavoro, mi è capitato un incontro, di cui tra poco vi parlerò. Da quell’incontro è nata una ricerca, e dalla ricerca è nata una risposta, e dalla risposta è nata un’idea. L’idea è far vivere le parole nelle vite delle persone. Creare ponti tra le loro storie e le mie interpretazioni, ricercare i significati vecchi, nuovi, banali, strampalati che le parole possono prendere quando incontrano altre persone e altre culture. Mescolandoli con ispirazioni prese da poesie, canzoni, saggi e umili riflessioni di chi scrive. Qui, ogni mese, su Le Nius.

Non è abbastanza chiaro? Sentite questa.

Una settimana fa, dicevo, William, un giovane ragazzo africano in Italia da poco più di due anni, mi ha chiesto quale fosse il significato della parola malinconia e io ci ho provato, sul serio, a spiegarglielo con tutto l’impegno possibile, nel modo più semplice, chiaro e diretto.

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata: “è un sentimento altissimo”. Ma i suoi occhi mi dicevano che serviva una spiegazione in più. Abbiamo cercato insieme sul dizionario Devoto-Oli e abbiamo trovato questa definizione:

Stato d’animo di vaga tristezza, spesso alimentato dall’indugio rassegnato o addirittura compiaciuto, nell’ambito di sentimenti d’inquietudine o delusione.

William parla un italiano impeccabile, e ha il ruolo di supportare l’insegnante che ogni pomeriggio tiene lezioni di italiano nel centro di accoglienza a studenti provenienti per lo più dall’Africa. Perché oltre all’italiano, William conosce l’inglese e altri tre o quattro dialetti africani.

La mattina invece è lui in prima persona a seguire gli studenti che hanno bisogno di fare qualche esercizio in più per entrare nella lingua, e quella mattina ci teneva a non farsi trovare impreparato sul significato di questa parola così sfuggente, malinconia. Così è uscito dalla classe per chiederlo a me.

Senza che io gli abbia dato una vera risposta, se non una fredda definizione da dizionario, William è rientrato in classe pensando di aver capito che si trattasse di tristezza, di delusione e d’inquietudine e io l’ho lasciato andare, con la pancia che mi spingeva a dirmi che una definizione, in fondo, va trovata proprio lì, nel nostro interno.

Sono certa che in altre lingue del mondo debba esserci una traduzione per la parola malinconia e se non dovesse esistere, non mi sconvolgerebbe. Ho imparato che dare un nome ad alcuni sentimenti serve solo formalmente a distinguerli e questo è tipico di alcune lingue, soprattutto quelle occidentali, dare un nome ad ogni cosa. Per altre però servono la pelle, le lacrime, la commozione.

Lost in translation* di Ella Frances Sanders, è un libro molto interessante, che illustra proprio come alcune parole esistenti in alcune lingue non siano traducibili in altre. Per esempio c’è tiàm, che in lingua farsi descrive “la scintilla negli occhi al primo incontro”, oppure ubuntu, che in lingua bantu esprime un concetto molto profondo: “io posso essere io solo attraverso voi e con voi”.

Un corrispettivo in ogni lingua non può esistere e questa è la ricchezza e l’enormità delle culture del mondo. Ma non di soli vocabolari, o traduzioni, vive l’uomo. Ci sono altre strade, mi sono detta, per capire meglio cos’è questa benedetta malinconia e, dopo aver cercato a lungo, mi sono persa tra le parole di Giacomo Leopardi che nello Zibaldone* scriveva:

Nei trasporti d’amore, nella conversazione coll’amata, nei favori che ne ricevi, anche negli ultimi, tu vai piuttosto in cerca della felicità di quello che provarla; il tuo cuore agitato sente sempre una gran mancanza, un non so che di meno di quello che sperava, un desiderio di qualche cosa, anzi di molto di più.

E ancora prosegue Leopardi:

I migliori momenti dell’amore sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che, e quasi ti rassegni riposatamente a una sventura e non sai quale. In quel riposo la tua anima meno agitata è quasi piena, e quasi gusta la felicità.

A poter tornare indietro, caro ragazzo, ti direi che per me malinconia è quell’alternarsi di pienezza e vuoto che possiamo provare solo quando restiamo in silenzio ad ascoltarci, ma forse è meglio così, non aver trovato una definizione. Ti auguro di scoprirla, mentre leggerai o penserai alla tua vita e, senza dover chiedere, troverai la tua risposta.

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Da piccola amava ricalcare terre e mari su fogli di carta lucida e veder emergere paesi sotto la matita. Immaginava di incontrare le persone che abitavano quei luoghi e inventava una lingua per comunicarci. Oggi studia le lingue, ama tradurre, qualche volta scrive, lavora come operatrice in un centro di prima accoglienza di Roma.
3 Commenti
  1. Cornetta Maria

    MALINCONIA è tornare a casa, sconfitto, perché, per l'ennesima volta questa società ingiusta ha ignorato l'ennesimo italiano che non ha conquistato la dignità di un lavoro e non ha diritto nemmeno alla VISIBILITA' sui media.

  2. Chiara Vitali

    Parlando di lingue europee, secondo me, quella che esprime maggiormente tutte le ampie sfumature di "malinconia" è il tedesco, con il termine "Sehnsucht", che si rifà anche all'idea di sentimento elevato, connesso con il concetto di sublime come teorizzato da Edmund Burke. Non ha caso la Germania è luogo principe del Romanticismo europeo. Riporto anch'io la traduzione data dal dizionario online del Corriere della Sera: Sehnsucht s.f. (-) 1 (sehnliches Verlangen) nostalgia f.: Sehnsucht nach jdm. haben essere avere nostalgia di qcu. 2 (heißer Wunsch) desiderio m. (ardente), brama f., struggimento m., anelito m.: vor Sehnsucht vergehen struggersi dal desiderio. 3 (sehnsuchtsvolle Erwartung) attesa f. impaziente.

    • Stefania Cardinale

      Il termine malinconia e le riflessioni fatte mi hanno fatto pensare a tante cose... al fatto che alcuni sentimenti provati e espressi da una lingua e da un popolo non trovano un facile riscontro o non esistono in altre lingue e presso culture diverse, semplicemente perché non ce n'era bisogno ... penso, banalmente, al termine danese hyggie in cui sono incappata l'inverno scorso leggendo sulle tradizioni dell'accoglienza casalinga danesi e che pare non abbia traduzione, né in italiano né in inglese. Il tuo post mi ha fatto venire subito in mente il Fado, la musica e le canzoni, e il termine suadade in portoghese usato con molte sfumature, e in molti contesti traducibile anche con "quel sentimento che resta quando qualcosa o qualcuno non è più lì", che forse neanche il termine italiano malinconia è sufficiente a rendere, forse servirebbe un "profondo" o "forte malinconia" per rendere tutte le sfumature del termine suadade, e non solo nel contesto musica Fado. Per esempio è usato nelle comunità indo-portoghesi per riferirsi con sguardo romantico ai tempi delle colonie portoghesi a Goa, India (ne parla Darlene J. Sadlier in un libro sulla letteratura della diaspora portoghese in quella parte di India). Ma più di tutti è il termine hindi viraha che trovo difficile da tradurre, forse 'malinconia dell'amato/a', forse intraducibile, che esprime l'amore, quello ritenuto più elevato, e cioè il sentimento dell'amore incompleto che mi fa pensare al sentimento della malinconia e ad alcune sue sfumature. Ci vorrebbe qualche linguista della zona africana per sentire quali termini gli vengono in mente... o per appurare che magari non esiste un termine tale in molte lingue africane. grazie a Laura per questo post di pura ispirazione sulla vita delle lingue, lunga vita alle lingue, lunga vita alle parole!

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