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Inondazioni a Genova: il racconto di un esperto

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Dopo le copiose inondazioni dello scorso fine settimana, a Genova ancora si spala fango. Oggetti di uso quotidiano giacciono ammassati tristemente in un piazzale. Non si contano le auto e gli scooter che l’acqua scura ha reso inutilizzabili. E c’è anche una vittima. Come mai le inondazioni a Genova iniziano a diventare, ahinoi, parte dell’immaginario collettivo italiano, tanto sono ricorrenti e disastrose?

Naturalmente, come ogni volta in Italia, ad un fenomeno collegabile al dissesto idro-geologico, segue sempre un portato di polemiche. Che infatti in questi giorni impazzano e tolgono lucidità.

Come già fatto anche per il caso Daniza proviamo invece a riflettere con chi può darci un parere esperto, anche se certo non per questo privo di emozioni.

Che rapporto c’è tra l’assetto geografico e urbanistico del territorio ed eventi come le inondazioni a Genova? è stata questa la domanda di partenza su cui ci siamo confrontati con Renzo Crovo, 52 anni, architetto e progettista che abita e lavora nel capoluogo ligure.

Inondazioni a Genova: intervista a Renzo Crovo

Nel dopoguerra le colline di Genova sono state oggetto di costruzione selvaggia, e si è arrivati a costruire dentro l’alveo di un fiume, il Bisagno, che esondando ha fatto i danni che conosciamo. Nel 1970 la prima delle inondazioni a Genova faceva ben 44 vittime. E poi altri episodi fino all’alluvione del 2011. Come mai in tutto questo tempo non si è riusciti a pensare a un diverso modello di sviluppo urbanistico?

Occorre fare un po’ di chiarezza sull’argomento delle inondazioni a Genova. Il problema del Bisagno risale agli anni venti del secolo scorso quando si decise di ricoprire con una grande “piastra” l’ultimo tratto dell’alveo di questo torrente. Il progetto idraulico fu clamorosamente sbagliato, sottostimando la portata del fiume addirittura del 70%. La copertura fu dunque appoggiata ad una sottostante struttura che insiste sull’alveo stesso restringendo di fatto la larghezza libera e quindi limitando drasticamente la portata. È abbastanza facile capire come, in occasione di eventi meteo di carattere eccezionale, questo “tappo” abbia un effetto devastante sul regolare deflusso delle acque che, infatti, tracimano assai violentemente.

A questo sicuramente si può sommare l’effetto dell’edificazione “selvaggia” che, tra gli anni cinquanta e novanta, ha portato un carico insopportabile per un territorio così fragile. Dico selvaggia tra virgolette, perché l’edificazione collinare non ha nulla di selvaggio in senso stretto, ma è il risultato del tutto consequenziale di previsioni urbanistiche e di sviluppo poi rivelatesi errate, azzardate e un po’ fantasiose; basti pensare che il piano regolatore del 1959 prevedeva per Genova un incremento di popolazione fino a due milioni di abitanti.

L’errore grave è stata l’incapacità di fare marcia indietro quando ci si è accorti che Genova non sarebbe mai diventata una metropoli; era allora – negli anni settanta e ottanta – che sarebbe stato giusto fermare l’edificazione collinare in favore di un energico e convinto recupero del centro storico. Purtroppo si scelse quell’altra strada.

I due progetti di cui si parla da anni, iniziati e non finiti, ossia lo scolmatore del Fereggiano (affluente del Bisagno) e l’allargamento del Bisagno stesso, sarebbero davvero risolutivi per evitare le inondazioni a Genova?

Risolutivi ma non miracolosi. Mi spiego: certamente darebbero un ampio margine di sicurezza ed aumenterebbero enormemente la capacità di deflusso delle acque dei due corsi d’acqua, ma è altrettanto certo che non porrebbero rimedio ai numerosi restringimenti ed alle deviazioni degli stessi. Volendo fare un paragone banale stiamo sostituendo solo un paio di valvole ad un impianto idrico molto complicato e dalle mille criticità.

A queste considerazioni tecniche (precisando che non sono uno specialista del campo) potrei aggiungerne una di carattere assai più pratico: la pulizia e la manutenzione dei corsi d’acqua, tutti i corsi d’acqua (a Genova ce n’è un centinaio) e non solo i tre o quattro principali è più noti, è assolutamente indispensabile per evitare la “sclerotizzazione” degli stessi. In altre parole, non è pensabile che l’alveo di un torrente si trasformi in una lussureggiante foresta urbana o in una discarica abusiva a cielo aperto. Occorre impegno da parte delle amministrazioni ed un atteggiamento molto, ma molto più responsabile da parte dei cittadini.

Il problema di Genova, come di tutta la Liguria, è la mancanza di spazio, tanto che la città sembra crescere non tanto per addizioni, quanto per sostituzioni o sovrapposizioni anche plateali, come il versamento di terra in mare per ottenere spazio, o la strada sopraelevata: cosa si potrebbe fare nei quartieri collinari della “Grande Genova” che ormai hanno la loro identità e specificità, ma con una popolazione in diminuzione anche perché sempre più anziana?

Paradossalmente le aree sottratte al mare (come l’aeroporto o il terminal container di Voltri) sono quelle che, negli anni, hanno dato meno problemi; sempre paradossalmente sono abbastanza convinto che – nel momento in cui occorresse nuovo territorio – quella sarebbe la scelta complessivamente più sensata ed in un certo senso più ecologica.

Il tema del diradamento delle edificazioni collinari è stato accennato diverse volte, ma è sempre rimasto lettera morta: occorre coraggio per togliere la casa da sotto i piedi delle persone, occorrono progetti concreti e molto denaro.

Tu vivi a Genova: come affronta la gente le inondazioni? Come si muovo i mondi della politica e dell’ambientalismo?

Il sentimento delle persone è un misto di rassegnazione e rabbia, comunque un mix abbastanza variegato con diversi accenni al qualunquismo “incazzato”. Certamente i politici sono messi sotto accusa anche in termini molto duri e, credo di poter dire, non senza una ragione di fondo.

I nostri amministratori negli ultimi decenni non hanno brillato in iniziativa, lungimiranza, e capacità progettuale. Stando alle cronache giudiziarie non hanno brillato nemmeno in onestà e trasparenza. Gli ambientalisti invece non brillano in senso pratico e ragionevolezza: la loro fiera opposizione al taglio della vegetazione che insiste negli alvei dei corsi d’acqua ha, a mio avviso, ben poco di ragionevole.

Immagine | OggiScienza

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