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Dacci oggi il nostro pesce quotidiano: il pesce di acqua dolce

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[divider scroll_text=”Il pesce nella Dieta Mediterranea”]
Terminiamo questo svelto reportage nel mondo del pesce, qualità, scelta e preparazioni, cambiando acqua e oggi conosciamo meglio il pesce di acqua dolce.

L’Italia è strapiena di fiumi, laghi e torrenti ma certo è che non sono tutte acque pescabili, anche causa l’inquinamento. Ecco perché ancora una volta – come abbiamo già affermato all’inizio di questa raccolta – è rassicurante ricorrere al pesce italiano d’allevamento, la cui qualità è elevata per gli alti standard ecologici che gli allevatori osservano. Questo pesce è una grande risorsa per la nostra cucina! Non a caso siamo i principali produttori europei di trote, per esempio.

In generale, il pesce d’acqua dolce ha ottimi valori nutrizionali: dagli Omega3 agli Acidi grassi polinsaturi, che  favoriscono la vitalità del sistema nervoso, ed un consistente apporto di proteine minerali. Nè più né meno che i pesci di mare, essi sono al limite svantaggiati dalla diffusione irregolare sul territorio italiano e si trovano meno nelle grandi città. Inoltre, hanno un sapore obiettivamente meno delicato della loro carne ma tutto sta a cucinarli in modi semplici e stuzzicanti.

Qui non pretendo certo di elencare le decine di pesci di acqua dolce presenti in Italia, ma ci limitiamo a presentare velocemente le specie più diffuse e quelle di cui ho esperienza diretta. Aggiungiamo poi, qualche consiglio pratico in cucina.

@ Trout Lore

 

Tutti conosciamo la trota. Ormai quella più diffusa è la trota iridea, di origine nordamericana, che ha soppiantato le specie autoctone per la sua adattabilità. Un esito ecologicamente discutibile, compensato peraltro dalla facile reperibilità e dal prezzo (sotto i 10 €/kg). Questo bel salmonide dall’arcobaleno dipinto sul fianco è certamente più saporito e meno grasso se pescato in torrente (ho provato e lo confermo!), ma dà ottime soddisfazioni anche allevato. Potete cuocerlo al forno, in cartoccio, in risotto o al vapore. Non è particolarmente astuto comprare solo il tipo ”salmonato”, che è tale solo perché il pesce è stato allevato con farina di gamberi (e non perché frutto di una notte di passione con un salmone).

 

@fazen

Da bimbi studiamo le anguille e la loro leggendaria migrazione. Crescendo poi, molti di noi non ne sentono più parlare, anche perché anguilla significa acque salmastre, antiche lagune, saperi di valle (da cui la preziosa vallicoltura, cioè l’allevamento ittico di laguna), quindi un mondo particolare, minoritario. Per chi potesse comprarne o pescarne vicino casa una avvertenza è che sia ancora viva e che il pescivendolo sia disponibile per spellarla. In alternativa, armatevi di cenere del camino e dopo averla decapitata cospargete l’anguilla con la cenere e spellatela avendo cura di indossare dei guanti.

In particolare il famoso “capitone“,  ben conosciuto nel centro Italia e tipico della cucina Natalizia, è l’esemplare femmina dell’anguilla che può raggiungere anche i 6 kg di peso. E’ un pesce molto grasso per questo la pelle, in questi esemplari grandi, va tolta prima di cucinarli.

Quelli che arrivano sulle nostre tavole dalla pescheria di solito sono esemplari femmina di anguilla di medie dimensioni, per questo consigliamo comunque di togliere la pelle. Riconoscereste un esemplare maschio perché sono molto sottili, a quel punto il grasso è minore e potreste cucinarle così come sono. Ci sono modalità in cui anche l’anguilla grande viene cucinata con la pelle, per esempio arrostita sulla brace dove parte del grasso si scioglie e casca via sulla graticola senza finire nelle nostre pance. La cottura migliore comunque è la più semplice, al sugo per le anguille piccolissime, in tranci sulla piastra o stufata nel risotto (anche qui confermo la bontà della preparazione!), restituisce sapori intensi e desueti.

Il prezzo è variabilissimo: di solito nelle zone di produzione o nei pressi non si superano i 20 €/kg.

@ Findmelost

Più di fango è la tinca e le sue carni spesso lo rispecchiano. Aiuta tenerla in un po’ di acqua limpida per spurgarla e avremo poi un pesce adatto al risotto o al forno. Interessante è un’antica ricetta veneta che ci suggerisce la tinca ”reversà” (”rovesciata”) cioè aperta e cucinata al forno ripiena di aromi vari e un po’ di salame.

Infine, il pesce persico  italiano, diffuso specie nei laghi lombardi e laziali. Nulla a che vedere col persico ”africano” che purtroppo affolla le nostre pescherie e supermercati, seducente, in quanto già sfilettato. Il persico vi suggeriamo di prepararlo impanato e sistemato sul risotto (così si prepara al Lago di Como) o semplicemente grigliato.

Diffidate del pesce sfilettato, a meno che non avvenga davanti a voi, non potrete altrimenti controllare la sua freschezza dalla pelle e dagli occhi!

Per invogliarvi a mangiare più pesce di acqua dolce vi lasciamo questa ricetta trentina: è un sorprendente intermezzo, in un pasto importante, tra la seconda portata e il dessert (è più dietetica e meno stucchevole del sorbetto!) oppure come antipasto iniziale.

Ricetta della trota marinata alla trentina

Ingredienti per 4 persone

  • 2 trote iridee medie
  • 1 limone
  • sale e pepe nero
  • 1 spicchio d’aglio
  • 10-12 bacche di ginepro
  • finocchietto selvatico
  • timo fresco
  • olio e.v.o.
  • aceto bianco
  • un contenitore ermetico medio grande possibilmente in vetro.

 

Procedimento

Se le trote non sono già sfilettate, cuocetele a vapore ma leggermente al dente, altrimenti pulite e sfilettatele prima e poi passate alla cottura. Fatele raffreddare e riducetele in pezzi di 2/3 cm, e immergeteli in una scodella con la marinatura: 3 cucchiai d’olio, 3 d’aceto, l’aglio tritato, il finocchietto, il ginepro tritato, le foglie di timo e qualche goccia di limone. Salate e pepate.

Chiudete il vostro contenitore ermetico o una scodella con della pellicola e lasciatela in frigo da 24 a 48 ore.

Tiratela fuori 30′ prima di consumarla, deve risultare fresca ma non fredda.

Buon appetito!

Foto in copertina |  hagwall

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