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Bilancio dei primi sei mesi di governo Renzi

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Bilancio dei primi sei mesi di governo Renzi

Fare un bilancio di questi primi sei mesi di governo Renzi è davvero difficile. La tentazione, è ovvio, è quella di partire dai primi due titoli dei giornali di oggi. I dati Istat fotografano infatti un’Italia in recessione, il Pil in caduta libera e le borse, di conseguenza, a picco.

Poco sotto ci viene detto che Silvio Berlusconi è appena uscito da una riunione di tre ore col Premier durante la quale pare si sia trovato un accordo sulla soglia di sbarramento dell’Italicum. Ancora aperta, e difficile, sembra invece la partita sulle preferenze, che necessiterà, con ogni probabilità, di ulteriori incontri, riunioni, mediazioni, in sostanza di tempo e impegno da parte del Presidente del Consiglio.

Essendo questo un bilancio non si può non osservare come la sempre brillante narrazione renziana sia obbligata a fermarsi di fronte alla ferrea logica matematica dei numeri, i numeri della crisi, i numeri che mancano in Senato e che costano indicibili compromessi.

Contro le persone (Fassina, Letta, Grillo), le forze politiche e sociali (il M5S, i sindacati) è spesso bastato un hashtag, contro i numeri twitter non basta, per quanto ci provi la sempre volenterosa Pina Picierno col suo #sciacallostaisenzapensieri.

Grazie ad un numero, 80, come gli euro dello sgravio Irpef, Renzi ha costruito parte del suo più grande (e finora unico) successo elettorale nazionale, quel 40 e cocci per cento conquistato alle Europee. Il suo errore è stato forse quello di pensare che quella cifra lo autorizzasse a mettere le mani sulle regole del vivere civile, sulla composizione delle Istituzioni, sulla Costituzione.

Esiste invece la possibilità che quel 40% chiedesse al Premier di insistere sulla strada iniziata coi contestatissimi 80 euro, che dopo i pochi, maledetti e subito ci fosse bisogno di pensare a qualcosa di più grande, utile e strutturale.

Con le riforme della giustizia, della pubblica amministrazione e del lavoro al palo, con la disoccupazione galoppante e il PIL in calo, in una situazione internazionale delirante sia dal punto di vista politico che economico, quella delle riforme istituzionali ed elettorali sembra ormai una palude dalla quale è difficile uscire, o un fiume come il Nung di Apocalypse Now, che finisce per spingerti lentamente ma inesorabilmente fra le braccia del Kurtz di turno.

Se anche poi il nostro capitano Renzi dovesse faticosamente spuntarla lo aspetta un autunno che, a meno di un’improbabile ripresa, si preannuncia caldissimo proprio in virtù di quei numeri che nel concreto si trasformano in povertà, precarietà, disperazione e rabbia.

Non ci resta quindi che rimandare a settembre il buon Matteo, sperando, per il bene di tutti, che finalmente i numeri inizi a farli anziché subirli.

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