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Una banda di idioti più uno

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Una banda di idioti è un romanzo intoccabile, uno di quei classici della letteratura contemporanea circondati da un’aura d’adorazione acritica. A questo riguardo, avrei una domanda da fare: perché?

Riassunto delle puntate precedenti. Il 26 marzo 1969, deluso dal rifiuto della casa editrice Simon & Schuster di dare alle stampe quello che lui considera il suo capolavoro, l’aspirante romanziere trentaduenne John Kennedy Toole si toglie la vita. Undici anni dopo, grazie all’impegno della madre di Toole, l’opera viene finalmente pubblicata. Ed è un successo: Una banda di idioti vende due milioni di copie in tutto il mondo, vince il Pulitzer per la narrativa e assurge al rango di cult, anche in Italia.

Ora, dopo aver letto le 400 e passa pagine in oggetto, io sento di dover fare un’affermazione impopolare. La Simon & Schuster, la casa editrice che respinse l’opera di Toole, ha tutta la mia comprensione.

Una banda di idioti non ha una vera e propria trama, ma questo non è un problema. È diffusa opinione che il suo punto di forza stia nei personaggi. Soprattutto nel protagonista, Ignatius Reilly, obeso e malmostoso perdigiorno che vive con la mamma e si aggira per New Orleans cercando controvoglia un lavoro.

La psicologia di Ignatius è semplice che più semplice non si può: il nostro eroe reagisce a tutto nello stesso modo, manifestando una specie di pomposa indignazione. La sua condotta, viceversa, segue spesso logiche contorte e il più delle volte non è chiaro il motivo per cui fa quello che fa. Quale fascino può esercitare sul lettore una figura che riesce a essere al contempo così confusa e così monocorde?
Eppure Ignatius è comunemente classificato come “irresistibile” ed “esilarante”. Certo, è grasso e fa le puzze, ma davvero vi basta questo?

Il resto del cast, parere mio, brilla per insignificanza. Del nero Jones, che pure è uno dei personaggi più ricorrenti, sappiamo solo che è povero in canna e fuma come una ciminiera. Non è un po’ poco per innamorarsene?

Anche le buone idee, comunque poche, mi sono parse buttate via. Ad esempio: la signora Levy, che rigira ogni questione in modo da attribuire la colpa al marito, ha un potenziale comico. Ma quella singola gag, trascinata identica a se stessa per decine di pagine, perde per la strada ogni efficacia.

Insomma, tra le pagine di Una banda di idioti non ho trovato nulla, ma proprio nulla in grado di giustificare la nomea del romanzo. Eppure qualcosa ci deve pur essere. Non posso né voglio credere che il titolo si riferisca ai fan. C’è qualche estimatore di Toole disposto a illuminarmi?

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