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Tutti uniti contro Isis o quasi

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L’abbattimento del jet russo da parte dell’esercito turco al confine della Siria non ha fatto altro che confermare l’assenza totale di una strategia orientata all’effettivo contenimento dello Stato Islamico. Ognuna delle forze in campo sembra più orientata a perseguire obiettivi strategici personali nell’area che a sconfiggere il Daesh.

Turchia, Russia, Francia, Usa, Unione Europea: tutti uniti contro Isis o quasi

La Turchia in primis, che si autoproclama membro della coalizione anti-Isis ma mantiene con il Califfato rapporti ambigui bombardando invece i nemici di sempre, ovvero quei Curdi che stanno invece resistendo strenuamente all’avanzata dell’ondata nera.

La Russia decisionista dell’idolo delle masse internaute Putin pare più interessata a salvare l’insalvabile, ovvero la leadership dell’alleato Assad, bombardando a tappeto i pastori turcomanni invece che le roccaforti del Daesh, infischiandosene degli spazi aerei altrui.

La Francia la cui reazione sa solo di rappresaglia in assenza di una chiara e condivisa idea di cosa fare della Siria una volta “liberata” e ancor prima di come ed esattamante “da chi” liberarla: Daesh? Ribelli? Forze lealiste? Assad?

Gli Stati Uniti, ai quali preme più la rimozione di Assad (che è poi il motivo per il quale le forze ribelli, Daesh compreso, sono state finanziate e armate per mesi) che la sconfitta del Califfato che in fin dai conti al momento si è tenuto lontano dal colpire obiettivi statunitensi così come Israele, partner e protetto americano nell’area. Il perché lo si capisce leggendo questa istruttiva intervista rilasciata da Edward Luttwak in tempi non sospetti.

L’Europa stessa, alla quale la crisi diplomatica ha sbattuto in faccia l’assenza di una politica estera comune degna di questo nome, oltre che le defaillance delle varie intelligence incapaci di comunicare fra loro. Un’Europa capace solo di mettere in dubbio Schengen, ovvero l’unica vera conquista nel campo dei diritti ottenuta dall’Unione.

Paradossalmente, verrebbe da dire, è l’Italia a mantenere i nervi più saldi, rispondendo tiepidamente alla chiamata alle armi francese e cercando di riportare la calma in un dibattito pubblico eccitato dall’odore del sangue. Di certo Renzi non è sordo ai richiami provenienti dal colonnato Vaticano, e sa che il papa non gradirebbe veder partire i caccia bombardieri dagli stessi aeroporti nei quali atterreranno i pellegrini del giubileo. Poco male comunque, se serve a disinnescare questo affollato stallo alla messicana nel quale ognuno punta la pistola su qualcun altro con il rischio che il tutto degeneri in una carneficina sconclusionata e confusionaria.

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