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Storie d’azzardo | Margherita

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Gli italiani spendono oltre 100 miliardi l’anno nel gioco d’azzardo. I giocatori problematici sono oltre 1,5 milioni. La ludopatia è una vera e propria dipendenza, con costi sociali ed economici altissimi. Abbiamo raccolto le storie di alcune persone ludopatiche; le storie sono vere, i nomi di fantasia.

Gioco quando non mi amo. Gioco per disperazione, per panico, mai per felicità. Se ci si ascolta, ci si rende conto che ciò che proviamo non è eccitazione, ma vuoto, e io in questo mio vuoto, non sono più la persona che ha studiato.

Margherita, 57 anni, ha cominciato a giocare d’azzardo due anni fa. Nell’attimo in cui per la prima volta ha tirato giù la manopola della slot machine, si è concentrato tutto il percorso della sua vita, che l’ha spazzata a terra come un’onda che ha la potenza di radere tutto al suolo.

È successo un giorno per caso, quando Margherita è entrata in un Sale e Tabacchi per comprare delle sigarette e poi così, senza pensarci troppo, ha deciso di mettere 10 euro in una di quelle macchinette e ne ha vinte 600, una somma importante per chi fa l’operaia e ci mette mezzo mese a guadagnarla.

E poi ha continuato a giocare sempre più spesso, con uno sguardo attento e guardingo prima di entrare e con la speranza che non la vedesse nessuno. Ma poi un giorno l’ha vista Claudio, il suo secondo marito, che ha urlato e d’un tratto ha fatto silenzio.

Di silenzi e di vuoti è costellata la vita di Margherita. Nasce in una piccola città del Nord in una famiglia come tante, con un padre affettuoso e una madre talvolta assente: “Mia madre aveva perso la sua a 6 anni – dovevo capirla – mi diceva mio padre. Lei faceva fatica a donare e quel poco che mi dava, io proprio non lo sentivo”. Margherita cresce con un padre con il quale ha un buon dialogo: “Gli ho raccontato persino del mio primo rapporto” e con i suoi cugini che passano molto tempo a casa sua.

“Quando uno di noi combinava un guaio, andavamo tutti in punizione. ‘E tu dov’eri mentre lui faceva quel disastro?’ Ci diceva mio padre. All’epoca non lo capivo, ma con il tempo ho imparato ad apprezzare i suoi insegnamenti”.

E poi c’è sua madre, una donna che le sfugge, che è sempre un passo distante da lei. Per tutti gli sforzi che Margherita facesse, non riusciva mai a raggiungerla. Ed è così che cresce apprensiva, sempre pronta ad accontentarla, sviluppando un atteggiamento da crocerossina che riproporrà in molte delle sue relazioni successive: “Quando non ti ami, dai troppo agli altri proprio perché non ti ami. Se invece ti vuoi bene, senti la pace e doni ancora di più a chi ti sta vicino, perché diventa tutto più reale”.

Quando Margherita ha 25 anni attraversa un periodo difficile in seguito alla morte del padre, l’unica persona di riferimento presente nella sua vita. Qualche anno dopo si sposa con un uomo con il quale non condivide niente se non un forte senso di solitudine e presto la relazione finisce e subito ne inizia un’altra, “forse per la paura di affrontare la vita da sola” confida Margherita.

Nei primi anni del 2000 nasce suo figlio Filippo, un ragazzino “balbuziente per mancanza di autostima”, come lo definisce lei, che assorbe le assenze di un padre che nel frattempo ha un’altra storia e la lotta quotidiana che sua madre intraprende con la vita per non cadere e non perdersi definitivamente: “quando Claudio è stato operato al ginocchio, io sono sempre andata in ospedale ad accudirlo e un giorno ho incontrato anche lei, l’altra donna, che ha detto a mio marito che le ero simpatica. ‘Diventiamo amiche’ – mi ha chiesto – ‘No, scusa, questo è troppo, lascia stare’ le ho risposto io”.

Margherita vive ancora con quest’uomo e con suo figlio. Di giorno lavora e di notte tenta di rimanere a casa e di non uscire per andare a giocare.

“È quando mi perdo che gioco di più. A volte per non farlo, rimango tutto il giorno nel letto. Quando sono lucida, gioco solo 10 euro e se vinco, prima di tornare a casa, vado a fare la spesa. Dalla mia, per fortuna ho la testa, la consapevolezza. Ho studiato fino al quarto anno di Università e anche se non mi sono laureata, ho ancora attorno persone con le quali chiacchieriamo del nostro essere, di come ci sentiamo, con le quali mi apro, ma quando sento il vuoto, mi chiudo e prendo l’ascensore che mi trasporta dritto giù all’inferno. Quando risalgo torno a essere la vera Margherita, quella combattiva, piena di voglia di vivere, che non si arrende mai”.

Margherita gioca tre o quattro volte alla settimana. Negli ultimi anni ha chiesto dei soldi in prestito, ma tutto sommato ha tenuto un certo controllo sulla sua situazione. Ha anche chiesto aiuto, ma non riesce ad aprirsi completamente. Non si fida soprattutto delle donne: “Tra donne c’è un finto amore” riferisce con amarezza.

Mia madre ormai ha 85 anni e l’amano tutti, anche quei bambini ormai adulti dei quali un tempo si occupava. A me fa venire ancora un sacco di rabbia, ma la lascio stare. Le lascio vivere tranquilla gli ultimi anni che le restano.

Quanto giocano gli italiani? A cosa? Chi ci guadagna? Tutti i numeri del gioco d’azzardo in Italia

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