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Sotto un altro cielo: racconti di uomini in fuga

Sotto un altro cielo Laurana Editore

Per gentile concessione di Di Meo/Ansa/Laurana

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Per gentile concessione di: Di Meo/Ansa/Laurana

Sotto un altro cielo è una raccolta di racconti attuale e necessaria, per capire uno dei più grandi fenomeni del nostro tempo e di tutti i tempi: le migrazioni.

Raccontare le migrazioni è sempre importante. Aiuta a far conoscere e comprendere un fenomeno che, pur rinnovandosi nelle modalità, è costante nella storia dell’umanità. Il libro-progetto Sotto un altro cielo è per questo necessario. Il volume, voluto da Claudio Volpe ed edito da Laurana Editore, è un contributo utile a rinforzare una memoria collettiva non sempre reattiva e a stimolare una solidarietà attiva e critica.

Sotto un altro cielo: dieci firme importanti raccontano storie di speranza

Sotto un altro cielo raccoglie contributi di spessore di autori, tra cui spicca Dacia Maraini, che comprendono Pier Francesco Maiorino, assessore alle politiche sociali della giunta Pisapia a Milano, lo sceneggiatore e autore Gianfranco di Fiore, il fotografo Ansa Alessandro di Meo, gli scrittori Paolo di Paolo, Michela Marzano, Claudio Volpe e Renato Minore e gli scrittori e giornalisti Francesca Pansa, Simone Gambacorta e Giampiero Rossi.

L’eterogeneità è il punto forte del libro, che approfondisce un tema come la “fuga” sotto diversi punti di vista e con approcci diversi. La lettura risulta
piacevole e tratteggia bene un argomento che non può non essere drammatico, ma nei cui risvolti emerge sempre viva una forma di speranza, quella fiammella che spinge inesorabilmente alla scelta di fuggire. Il breve e incisivo racconto di Dacia Maraini con cui si apre la raccolta rappresenta la summa degli argomenti toccati e inizia il lettore ad un insieme narrativo ricco e stimolante, ma soprattutto preciso e definito. Quello che emerge infatti è un taglio giornalistico più che narrativo; in ogni racconto c’è la necessità se non l’urgenza di citare episodi reali, come a morte del piccolo Aylan, o richiamare elementi già presenti nella conoscenza comune: i tragici naufragi recenti, la Siria, l’Isis e il trattamento delle donne, lo sbarco degli albanesi negli anni novanta, la Shoah, la raccolta dei pomodori e lo sfruttamento.

Ogni racconto offre stimoli interessanti. I racconti di Maiorino e Minore ci fanno ad esempio riflettere sulla necessità di fuggire come fenomeno costante dell’umanità che non risparmia nessuno. Gianfranco di Fiore ci ricorda lo sfruttamento dei raccoglitori di pomodori in un sud contraddittorio nel suo essere inaccogliente anche per chi ci vive (e mi riporta a uno splendido documentario di Orsola Sinisi “Un tempo li chiamavano Cafoni”). Tutti i racconti scavano nelle vite dei singoli e riportano il lettore ad una visione “normale” di chi fugge; l’essere umano con la sua storia, le sue usanze, i suoi oggetti e gesti quotidiani, le sue relazioni affettive, amicali, famigliari. Viene così restituita una voce e una presenza a chi viene considerato un nemico solo per aver scelto di «ingens iterare aequor» (navigare per l’immenso mare).

Il rischio di operazioni simili è quello di accattivarsi il pubblico attraverso il filtro della pietà e lo sgomento dell’immediato, ma in questo caso l’intelligente inserimento di contributi non narrativi come quelli di Paolo di Paolo, Michela Marzano e Alessandro di Meo offre al lettore una serie di approfondimenti culturali, sensoriali e bibliografici che aprono orizzonti di riflessione andando a stimolare il lettore su cause, conseguenze e storicità del fenomeno e dando così la possibilità di leggere la diversità con uno sguardo diverso.

Non credo che l’esperienza dell’esilio possa essere capita da chi non si è mai staccato dalla propria terra. Quella nostalgia profonda che ti scava dentro e che trasforma l’esilio esterno in esilio interiore. Quella frattura inevitabile che ti si riapre quando gli sguardi si posano sulle tue differenze.
Michela Marzano

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