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Referendum costituzionale: perché è già un’occasione persa

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@Politico

Tutti pazzi per il No… Il referendum costituzionale si avvicina e il fronte del No comincia ad estendersi ben oltre il blocco delle opposizioni. Che il combinato disposto di Italicum e riforma Boschi si sarebbe potuto tramutare in un grosso regalo per il Movimento Cinque Stelle, oltre che in un grave vulnus per la rappresentatività politica e per le garanzie costituzionali delle minoranze, ce n’eravamo accorti da tempo, addirittura da prima che la legge elettorale e le riforme assumessero la fisionomia con la quale sono state approvate.

Partito Democratico: un po’ sì un po’ no. Adesso pare se ne siano accorti anche dentro il PD. Prima è arrivata la bordata del sempiterno D’Alema che ha dichiarato chiaro e tondo che voterà NO, poi si è levata, a ruota, la voce della minoranza PD manifestata dai mal di pancia di Bersani. Lo stesso Renzi, dicono voci di corridoio, non sarebbe più tanto convinto della convenienza dell’accoppiata Italicum-Boschi e mediterebbe di intervenire sulla legge elettorale. I due provvedimenti furono infatti immaginati dall’area renziana sull’onda dell’entusiasmo per il trionfo del leader prima alle primarie di partito e poi alle europee, con quel 40% che si sarebbe tramutato, una volta confermato alle politiche, nella possibilità di controllare una maggioranza blindata di fedelissimi nell’unico ramo del parlamento rimasto a contare qualcosa.

Effetto amministrative. L’andamento delle amministrative e ancora di più i ballottaggi deve aver fatto però cambiare idea a Renzi. Gli italiani, di per sé non entusiasti delle alternative in campo viste le percentuali di voto, tendono però a favorire i cinque stelle se messi di fronte alla scelta fra un loro candidato e uno del PD, Partito Democratico che sembra comunque sempre più lontano dai consensi di qualche anno fa e comunque da quel 40% che gli consentirebbe di evitare il rischio ballottaggio.

Dimissioni sì e no. Il calo di consensi rende incerta anche la sfida del referendum tanto che Renzi ha tenuto a sottolineare che in caso di vittoria del No lui rassegnerebbe sì le dimissioni da capo del governo, ma non da segretario del partito, sfidando la minoranza ad indire e vincere un congresso. Il rottamatore conta evidentemente sul loro fallimento e quindi sulla sua sicura candidatura alle prossime politiche.

Renzi sì Renzi no. Il referendum rimane quindi polarizzato sulla figura del presidente del consiglio e molti di quelli che andranno a votare sì o no, tramontata l’ipotesi di uno spacchettamento che avrebbe permesso al cittadino di valutare la bontà dei singoli provvedimenti, lo faranno con lo stato d’animo e le intenzioni di chi esprime un voto plebiscitario su Renzi e sul renzismo.

Immaturi. Qualunque sarà l’esito, insomma, si sarà persa ancora una volta in Italia l’occasione di una riflessione seria e di un pronunciamento popolare meditato sulla forma istituzionale da assegnare al nostro Paese, segno che forse non siamo ancora abbastanza maturi da emanciparci dalle regole dettate dai nostri padri costituenti.

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