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Perché dovremmo sperare tutti in Virginia Raggi

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@risorgimento italiano

Il caso dell’arresto di Raffaele Marra, vicesindaco e cosiddetto braccio destro della sindaca romana M5S Virginia Raggi, tiene banco ormai costantemente su giornali e TV nazionali. Una vicenda capace di intensificare all’ennesima potenza l’interesse spasmodico dei media nei confronti dell’amministrazione della capitale, i quali non nascondono una particolare, “coccodrillesca” bramosia per tutto ciò che possa sottolineare errori, mancanze, dimenticanze, incoerenze da gettare nel calderone sotto il titolo di “caos Raggi”.

Da cittadino italiano mi sembra che il modo in cui da più parti si attendono gli errori delle amministrazioni pentastellate e la soddisfazione incontenibile con cui ad essi si reagisce non abbiano ragione d’esistere. Non trovo in questo atteggiamento molte differenze con coloro – Cinque Stelle compresi – che gioiscono dei dati negativi su occupazione ed economia per dare contro al governo e che l’ormai ex premier definiva “gufi”. Come se sghignazzassimo per l’inefficacia delle cure che uno scienziato lungimirante ma un po’ maldestro sperimenta contro il cancro.

Volenti o nolenti, dobbiamo ammettere che il M5S ha portato un vento di novità nella politica italiana, ha mostrato l’esistenza di un’altra via da seguire ed ha incarnato le speranze di molti elettori, vecchi e nuovi, delusi ed orfani di rappresentanti soddisfacenti. Gli errori e le continue peripezie che animano la vita politica di Roma, prima grande prova per il Movimento, sono sì frustranti per gli elettori che speravano in un percorso rinnovatore liscio ed esemplare e soprattutto per i cittadini di una città afflitta da moltissimi problemi, ma fanno parte del normale percorso di evoluzione che una forza nuova, peraltro cresciuta molto rapidamente, deve affrontare.

Credo che tutti, oppositori in primis, dovrebbero augurarsi che la Raggi e la sua squadra di governo della capitale riescano a trovare il bandolo della matassa e a fare bene. Perché se così non fosse, se si rivelasse vero che la macchina amministrativa italiana (politici, dirigenti e funzionari comunali e regionali) è ormai incancrenita a tal punto che neanche chi fa (o dichiara di fare) dell’onestà e della trasparenza le proprie bandiere è in grado di sanarla, la notizia sarebbe terribile per tutti.

Un successo, o comunque un percorso pulito dell’amministrazione pentastellata alzerebbe l’asticella della moralità anche per gli altri partiti, che dovrebbero riconoscere che è possibile ottenere risultati senza sotterfugi, senza compromessi, senza mezze verità, senza promesse elettorali poi dimenticate. I giornali stessi, oggi affamati di notizie da Roma come se la capitale fosse stata fondata solo pochi mesi fa, dovrebbero dedicare uguale spazio alla critica per gli errori e all’elogio, o anche al semplice resoconto, del lavoro svolto per fare passi avanti. Solo il tempo ed una visione a più ampio raggio consentiranno di trarre conclusioni generali e di decretare l’eventuale successo o fallimento del programma votato dai cittadini romani.

Vado oltre. Di fronte ad una sfiducia nella politica che si traduce in una percentuale sempre più alta di elettori che scelgono l’astensionismo, forse un futuro governo nazionale Cinque Stelle sarebbe l’ultima speranza. Il Movimento al governo potrebbe finalmente mostrare non tanto le capacità politico/istituzionali dei suoi esponenti – che già ora, non so se per merito degli uni o demerito degli altri, ritengo allineate a quelle dei loro colleghi di altri partiti – quanto la realizzabilità di una politica più libera, onesta, fedele alla parola data e vicina alla gente.

Un fallimento – un fallimento vero, nei numeri, non quello dei giornali che sin dal primo giorno, in caso di governo pentastellato, scriverebbero che l’Apocalisse è arrivata – ci costringerebbe invece a rassegnarci, forse per sempre, all’idea espressa anche da Enrico Mentana qualche giorno fa su Facebook: che

gli onesti non sono capaci, ed i capaci non sono onesti.

E dovremmo accontentarci di quel che abbiamo, decidere se andare a votare turandoci il naso di fronte agli scandali giudiziari quasi quotidiani o allontanarci per sempre dalle urne e dalla vita politica di un Paese ormai incorreggibile.

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