Non fate troppi pettegolezzi non è un romanzo. Piuttosto assomiglia al macabro tour che ogni buon turista di una certa cultura fa nel cimitero parigino di Père-Lachaise.
Paolin fa visita a quattro cari scrittori defunti: Emilio Salgari, Cesare Pavese, Primo Levi e Franco Lucentini. Il minimo comun denominatore di questi quattro giganti della letteratura italiana è il suicidio e l’aver vissuto a Torino, lì dove Paolin si forma.
Lo scopo di questo tour? In prima battuta appare confuso. Raccontare i suicidi di quattro autori, il cammino che li ha portati a questo appuntamento con un rasoio o delle scale, non sembra diverso da un qualunque saggio letterario già visto.
Ma poi eccolo sorgere, l’elemento innovativo: l’uso di queste quattro vite per scagionare la propria. “L’esame di coscienza” dichiarato da Paolin nell’introduzione sembra mirato a giustificare il suo lavoro di scrittore, quel “fare una sorta di scala 1:1 tra ciò che vive e ciò che scrive”. Lui sente di esistere anche grazie a quei quattro che hanno scelto di non esserci più.
Se davvero l’autore avesse voluto fare un lavoro di fedele riproduzione fra vita e scrittura, pensiero e azione, verrebbe quasi da chiedersi se questo non è più un lavoro di auto-analisi, un preludio a un suo gesto tragico. Del resto, come scriveva Walter Benjamin “la condizione dello scrittore è una condizione di morente: si scrive perché si è sul limitare della vita”.
Ma ecco che giunge, forte, il riscatto. Dopo essersi vergognato come Levi, sopravvissuto ai suo compagni di sventura nei lager; dopo aver lottato come Salgari contro le difficoltà di giocare al gioco della vita senza averne i mezzi; dopo essersi messo in movimento per comprendere la realtà intorno a sé, come Pavese e Lucentini, dopo tutto questo Paolin arriva a rendere grazie. A questi autori e al dono, pericoloso e sacro, di chi riesce a sfamare qualcuno con le parole.
Dice Paolin: “Scrivere è qualcosa che viene dato in pasto, è preparare una buona pietanza perché altri se ne cibino. La cura e l’amore che ci si mettono sono legati a fare sì che il lettore possa essere sazio di quello che legge”. È Lucentini che invita a pensare a romanzo e scrittura come a del cibo su “una tavola imbandita”.
La citazione: “Il male è qualcosa con cui bisogna fare i conti”.
Consigliato a: chi subisce il fascino del male e ha letto Le ore di Michael Cunningham.
Il libro: Non fate troppi pettegolezzi. La mia dipendenza dalla scrittura, Demetrio Paolin, pp. 119, 10 euro, 2014 LiberAria