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Movimento dei forconi: chi sono e cosa vogliono?

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Perplesso tagliuzzo una fetta di zucca mentre m’interrogo sul Movimento dei forconi. Già il solo evocarlo mi mette paura e per tranquillizzarmi penso a mio nonno che rigira il fieno nelle domeniche d’estate.

Accantono la zucca e raggruppo mentalmente un po’ di idee a caso: camionisti (ehm, autotrasportatori), Forza Nuova, Casa Pound, disoccupati, no tasse, no Equitalia, no Euro, baci ai poliziotti, applausi ai carabinieri, colpo di Stato, Cile 1973.

Uhm, sì, ho bisogno di un po’ di chiarezza. Partiamo da lontano. Il colpo di Stato che porterà alla morte di Salvador Allende e alla dittatura di Pinochet in Cile cominciò con uno sciopero degli autotrasportatori. Beh, dai, altri tempi, altri contesti.

Stamattina però ascoltando Radio anch’io mi stupivo dei continui riferimenti fatti dal Vice Ministro dell’Interno Filippo Bubbico, collegato telefonicamente, alla necessità di difendere la tradizione democratica.

La cosa mi ha un po’ inquietato, e mi sono fatto un paio di domande.

Chi sono i militanti del Movimento dei forconi?

Il Movimento dei forconi nasce in Sicilia nel 2011 per iniziativa di tre signori: Martino Morsello, Giuseppe Scarlata e Mariano Ferro (quello che ora i media definiscono “il leader del movimento”). Il nucelo originario comprende prevalentemente agricoltori e allevatori a cui, in occasione delle proteste in Sicilia del gennaio 2012, si aggiungono gli autotrasportatori. E non mancano le ipotesi di legami con la mafia.

Da lì in poi la storia diventa sempre più confusa, fino ai fatti di questi giorni. Ed è sempre più difficile capire se il “forcone” sia sfuggito di mano e sia diventato un oggetto su cui le più disparate categorie riversano la loro rabbia sociale, o se invece dietro alla facciata confusionaria stia un disegno preciso ma ancora ignoto.

Fatto sta che il Movimento ha assunto carattere nazionale e ha raccolto l’adesione di svariate categorie: venditori ambulanti, disoccupati, studenti, ultras e gruppi di estrema destra. Già, questa protesta contro tutto e tutti è farcita di fascismo. Gruppi come Forza Nuova e Casa Pound cavalcano la rabbia e organizzano ritrovi, preparano striscioni, intonano cori. Spesso peraltro con risultati deludenti.

Non poteva mancare Beppe Grillo, che ne ha subito approfittato per cavalcare strumentalmente la protesta. La sua lettera aperta alle forze dell’ordine è tanto raffazzonata quanto inquietante, e si conclude nientemeno che con il controverso saluto “in alto i cuori”.

Grillo cerca di trasformare la protesta in voti per il MoVimento 5 Stelle, e per farlo non esita ad avallare e promuovere pratiche e linguaggi da colpo di Stato fascista. Non riesco a capire se stia davvero sognando una carriera alla Pinochet o se sia talmente preso da biechi calcoli elettorali che pur di conquistare voti in qualsiasi direzione non pensa neanche più a quello che scrive.

Che cosa vogliono i sostenitori del Movimento dei forconi?

Bella domanda. Qualcuno non ne può più delle tasse. Qualcuno non è contento dell’accordo tra Governo e rappresentanti degli autotrasportatori. Qualcuno è disoccupato. Qualcuno sogna la marcia su Roma. Qualcuno vuole uscire dall’Euro. Presupposto (o conseguenza, non è dato sapere) di questo mix di rivendicazioni è l’odio nei confronti della classe politica, e dunque la netta volontà di far cadere il Governo.

Ma facciamo un passo indietro. Alle origini delle proteste di questi giorni sembrano esserci le tensioni legate all’accordo Governo – autotrasportatori: il 21 novembre i rappresentanti di categoria avevano indetto un pesantissimo sciopero proprio per i giorni dal 9 al 13 dicembre perché insoddisfatti delle proposte del Governo. La prospettiva dello sciopero, poi revocato in seguito all’accordo raggiunto una settimana dopo, deve aver parecchio stuzzicato i malumori di alcuni autotrasportatori, comunque insoddisfatti.

L’idea di “far qualcosa il 9 dicembre” è diventata poi una battaglia del Movimento dei forconi: non deve essere stato difficile visti i rapporti privilegiati già operativi fin dalle proteste siciliane. Lo sciopero però è diventato qualcosa di più. Le parole utilizzare da Ferro e dagli altri portavoce, ufficiali o improvvisati, del Movimento sono ben più ambiziose: rivoluzione, caduta del Governo, Maxi Protesta.

Insomma qua si sogna in grande. E la retorica va di pari passo con l’ambizione. Dopo “forconi”, la parola più ricorrente è “italiani”, o meglio “ITALIANI”. La si ritrova nelle interviste di leader e dimostranti, negli striscioni, nei volantini, nei post su facebook. E anche se a Torino ha provato a metterci la faccia anche un gruppo di rifugiati, mi sembra che il tema della cittadinanza non sia esattamente al centro del discorso.

Anche “fratelli” va per la maggiore. Scartata per ovvi motivi “compagni”, è sembrata la scelta più virile e italica. Ovviamente la versione femminile è bandita, “fratelli e sorelle” farebbe troppo Papa Francesco.

Molti militanti poi non vedono l’ora di marciare su Roma (camminare non basta, bisogna marciare), ma Ferro ha tenuto a precisare che prima “bisogna vivere qualche altro giorno di passione e far salire l’adrenalina degli italiani”. Rassicurante.

Al di là dell’ironia le questioni sollevate dalla composizione e dalle rivendicazioni del Movimento sono tanto confuse quanto degne di attenzione, più che per il contenuto (praticamente assente) per la forma, monitorando la presenza di slogan e simboli fascisti, l’uso di violenza e le pericolose simpatie tra polizia e manifestanti.

Tornando un po’ frastornato alla mia fetta di zucca, mi chiedo quale futuro immaginano i Forconi. Probabilmente nessuno, oppure centomila. Non ho mai visto mio nonno rigirare il fieno una domenica d’estate. Ma avevo bisogno di quell’immagine.

Foto | Mirko Isaia

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