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Lettera aperta a Montezemolo

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Caro Luca Cordero di Montezemolo,

ti scrivo perché la notizia del tuo addio alla Ferrari mi ha molto colpito. Ti chiedo di scusare il tono informale della mia lettera, ma gli sviluppi recenti dell’affaire Ferrari mi hanno avvicinato moltissimo alla tua persona. Non avrei mai pensato di potermi sentire così solidale con un uomo che ha avuto l’ardire di chiamare suo figlio Lupo Cordero di Montezemolo e per il quale la pochette nel taschino è irrinunciabile tanto quanto la matita nera sugli occhi per Marco Mengoni.

Apparentemente nulla ci accomuna: tu hai cinque lauree, io solo due e secondo Michele Serra valgono pure meno di un diploma di perito tecnico. A 26 anni eri l’assistente di Enzo Ferrari. Io a quell’età al massimo assistevo Lucky, il cuoco cingalese di un bar sui Navigli, mentre faceva panini.

Eppure la caduta, egregio Luca Cordero di Montezemolo, ci rende vicini. Perché succede a tutti. Essere costretti a lasciare una cosa, anche se non vuoi farlo. Certo, a me non è mai capitato di guidare una Ferrari (in realtà non mi è mai capitato di guidare una macchina: sai, non ho la patente), figurati se riesco anche solo ad immaginare cosa possa significare guidare la Ferrari intesa come un’intera azienda. C’è gente che ci esce pazza. Bambini iscritti già a tre anni ai test di Ingegneria al Politecnico (con giubilo di Michele Serra!) per poter diventare meccanici a Maranello. Adulti che spenderebbero senza batter ciglio 200 mila euro per un’auto che raggiunge i 340 km/h in un mondo il cui limite massimo di velocità è per lo più 130. E che, non potendo disporre della suddetta somma, si accontentano di spendere 75 euro per il set “Dadi da gioco firmati Ferrari”.

Ancora. Tu, caro Luca Cordero di Montezemolo, sei un marchese legato ai nobili Savoia. Io, qualche scalino sociale più giù, chissà se ho un antenato brigante. Eppure, dicevo, abbiamo qualcosa in comune. Perché ad ognuno, prima o poi, capita di incontrare il proprio Marchionne: brillante, schietto, terribilmente vincente. Che fa l’amicone, poi ti critica senza pietà e inoltre ti frega la fidanzata, il posto di lavoro, il ruolo di protagonista nella recita scolastica. Senza batter ciglio, con la scusa della schiettezza si comporta da merdaccia, magari indossando sempre lo stesso golfino nero, nella completa ammirazione di tutti.

Capita a tutti, come in un passaggio obbligato e sono certissima che tu, nel tuo passato, sia stato il Marchionne di qualcun altro. Magari quando lavoravi in Fiat, o alla Cinzano, o forse quando presiedevi Telethon o la Luiss o Confindustria o la Fiera di Bologna, oppure quando hai fondato Italo, quando sei stato eletto vicepresidente dell’Unicredit o proprio adesso che sei in lizza per la presidenza di Alitalia.

Non temere caro amico Luca Cordero di Montezemolo, anche Marchionne troverà prima o poi il suo Marchionne. Chissà che il suo non indossi un gessato e porti la pochette nel taschino. Sarà la tua piccola vendetta.
Un abbraccio,

la Ragazzetta dello sport.

Immagine| uk.reuters.com

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