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Letta-Renzi: il premier in Italia mai eletto dai cittadini

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Una delle critiche che con più insistenza vengono mosse nei confronti della famigerata “staffetta” Letta-Renzi è quella di dar vita al terzo governo di fila non eletto dai cittadini. Ebbene, in verità si tratta del 68esimo. Di fila.

Agli elettori la Costituzione ha sempre e solo concesso decidere della composizione delle Camere; spetta poi al Presidente della Repubblica nominare il Presidente del Consiglio “e, su proposta di questo, i Ministri” (art. 92 Cost.).

Chiaramente la nomina suole cadere su qualcuno che, in seguito alle “consultazioni”, parrebbe in grado di ottenere la fiducia da parte della maggioranza dei parlamentari. Quel qualcuno oggi è Matteo Renzi, il quale, piaccia o meno, diventerà Presidente del Consiglio a pieno titolo ed in maniera assolutamente legittima poiché conforme a Costituzione. Potrà sembrare una procedura poco democratica, ma cade dal pero chi denuncia solo oggi ciò che accade dal ‘48.

La verità è che dell’elezione del governo non dovrebbe fregarcene nulla, ed a preoccuparci seriamente dovrebbe essere, invece, un macroscopico particolare purtroppo ed incredibilmente estraneo al pubblico dibattito. Mi spiego: la nostra Costituzione, come la maggior parte delle costituzioni moderne, assicura la democraticità del sistema tramite la classica ed arcinota divisione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) posti ognuno in capo a tre distinti organi: parlamento, governo e magistratura.

Il parlamento fa le leggi, il governo ne assicura l’esecuzione e la magistratura ne vigila il rispetto. Quando più d’un potere cade nelle mani dello stesso organo la democrazia è a rischio. è proprio ciò che sta accadendo in Italia: negli ultimi 25 anni abbiamo assistito ad un incredibile, eccessivo, incostituzionale e (quindi) pericolosissimo abuso della decretazione da parte del Governo, il quale di fatto legifera ormai più del Parlamento.

L’unico organo che ci è dato votare, quello che dovrebbe essere il più nobile, formato da esponenti della società civile di ogni classe ed estrazione sociale (imprenditori, operai e sindacalisti, insegnanti, intellettuali, personaggi dello sport e dello spettacolo, commercianti, ex sindaci, esponenti delle minoranze etniche e culturali, gente comune, chi più ne ha più ne metta) chiamati a dibattere dei problemi della vita reale ed a proporre soluzioni tramite la discussione e l’approvazione di leggi, si è ridotto ad essere poco più di un esercito di servi dei capi partito, utile solo per votare la fiducia, proporre qualche emendamento e fornire comparse ai vari talk show politici.

L’umiliazione e il depauperamento del Parlamento Italiano assumono contorni ancor più drammatici se considerate assieme ad una serie di fattori che possono spingere a mettere in dubbio l’effettiva democraticità del sistema nel quale viviamo.

Mi riferisco all’abominio della precedente legge elettorale, al fenomeno della compravendita dei parlamentari e degli elettori, ai legami con mafie e potentati economici, agli allarmanti livelli di corruzione e (il)libertà di stampa nel nostro Paese, ai nostri scarsi livelli di istruzione che si traducono in una scarsa capacità di leggere e comprendere fenomeni economici, sociali e politici anche solo di media complessità (e quindi di reagirvi adeguatamente), ed infine alla sostanziale non democraticità delle istituzioni europee (il Parlamento Europeo, l’unico organo che ci è dato eleggere, è quello dotato di minori poteri; e visto chi ci mandiamo sembra quasi un bene).

Se è vero che la democrazia è un organismo che per sopravvivere ha bisogno di auto-alimentarsi, temo che dalle nostre parti stia tremendamente soffrendo la fame.

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