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Il web: una rete complessa ma comprensibile

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Molti di noi passano del tempo sul World Wide Web ogni giorno, perciò era ovvio che qualcuno prima o poi pensasse di esplorare com’è fatto e come “si comporta”. Molti però forse non sanno che un matematico ungherese ci è già in parte riuscito nel 1999: Albert-László Barabási. Infatti, grazie all’aiuto di un robot (crawler : un software simile a un super motore di ricerca), il ricercatore ha capito come prolifera e come si auto-organizza il web e, nel 2002, ha provato a spiegarlo con un libro comprensibile: Link, la scienza delle reti.

Barabási non ha esplorato tutto il web, si è limitato a mappare il sito dell’università per cui lavorava, ma ciò non gli ha impedito di trarre conclusioni sul suo funzionamento applicabili all’intera rete, e non solo, anche a tutte le reti complesse. Anche se l’espressione “reti complesse” può far paura, non spaventatevi, anche perché scoprirete che vi riguardano molto da vicino. Prima di tutto chiariamo che così come una cosa è l’anatomia e un’altra il funzionamento degli organi, allo stesso modo una cosa è vedere come è fatto il web, un’altra intuire come funziona.

Detto questo, è bene precisare che geograficamente il web è difficile da attraversare e, attualmente, impossibile da mappare nella sua interezza (anche con un super robot), perché è davvero molto esteso al punto da godere ormai di vita propria. Inoltre è un po’ labirintico, cioè è fatto di percorsi accidentati, frammentazioni, isole, ma ciononostante, pur nella confusione, è comprensibile. Si sa che per andare da un nodo all’altro esiste qualche percorso, solo che per tornare indietro non è necessariamente possibile fare il percorso inverso, a volte bisogna fare lunghi e tortuosi giri.

Ma al di là della sua geografia, come funziona il web? A rete complessa. Cos’è una rete complessa? Non si tratta di un oggetto tangibile e statico, ma di una maniera di funzionare, un andamento, che presenta però delle costanti riassumibili in una struttura. Immaginate una rete irregolare (non tipo griglia ortogonale) articolatissima, cioè composta da moltissime parti che si estendono a perdita d’occhio, con dei punti di intersezione più grossi, come dei nodi. Pensate metaforicamente a una struttura in continua oscillazione tra la rigidità del ghiaccio (ordine) e l’evanescenza del fumo (caos). Pensatela in continua espansione.

Dunque cosa ci permette di capire che il web funziona a rete complessa? L’osservare come crescono i nodi della rete. Consideriamo quei nodi che saltano più all’occhio nella rete, noti come hub: sono i nodi con un maggior numero di link (come Yahoo e Amazon), i più densi di collegamenti. Questi nodi più grossi sono un segnale di auto-organizzazione spontanea della rete, che non sta mai ferma, ma è in continua trasformazione ed espansione, cioè cresce, così come crescono gli hub.

Studiando i collegamenti degli hub, si è visto che la rete tende irresistibilmente alla crescita, ma non a una crescita meramente casuale. Barabási ha ricavato un modello di crescita, battezzato modello a invarianza di scala (meglio memorizzabile come legge di potenza) secondo cui più hai collegamenti, più ne avrai, perché i più tenderanno a cliccare su ciò che è più cliccato. Barabási ha trovato la formula matematica precisa che descrive questo andamento e l’ha applicata ad altri ambiti della conoscenza, perché si incrocia con altri studi della comunità scientifica internazionale sulle reti complesse.

Quali sono le altre reti complesse che seguono la stessa legge? Le cellule del nostro corpo, le reti sociali, i virus, gli ecosistemi e le reti neuronali. In altre parole, noi siamo fatti di un’intersezione (a rete complessa) di dispositivi che funzionano a rete complessa, e abbiamo parlato del meccanismo di proliferazione della vita stessa, ironia della sorte, servendoci proprio del web. Proprio per questo possiamo concludere che, oggi più che mai, viviamo nell’era della complessità.

Immagine / Cluster di internet di Bill Chadwick

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