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Il Museo della strage di Ustica tra indignazione e denuncia civile

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Si respira indignazione e rabbia nel Museo per la memoria della strage di Ustica a Bologna. Un episodio tragico che ha tutti gli ingredienti del classico silenzio di stato italiano: falsità, menzogne, inganni e inquietanti retroscena.

Perché il museo si trova a Bologna? La risposta è semplice: l’aereo di linea DC-9-Itavia con a bordo 81 persone che doveva atterrare a Palermo quella sera del 27 giugno 1980 decollò dal capoluogo emiliano. Trasportava speranze e inquietudini, gioia e spensieratezza, voglia di vacanze e tanti, anzi troppi progetti per il futuro. Era un’Italia non molto diversa da quella attuale; forse parlare di Italia in questa vicenda è riduttivo, perché per questo episodio dovremmo scomodare Francia, Libia, patti atlantici e intrighi internazionali.

[quote align=”center” color=”#999999″]Quello però che ci interessa fare adesso è raccontare un museo vivente che parla e grida giustizia andando al di là di una verità scomoda e nascosta.[/quote]

Il museo si trova nel cuore di Bologna, nel quartiere della Bolognina, in un capannone all’interno dell’ex deposito dell’azienda dei trasporti locali. Un’area dismessa, recuperata e restituita alla collettività. Un lavoro certosino compiuto dai vigili del fuoco e dai familiari delle vittime della tragedia ha permesso di ricostruire il velivolo con i resti ritrovati a largo di Ustica. Brandelli di ferro e lamiera mischiati a pezzi di vita delle 81 vittime.

Così, in un capannone troviamo ciò che rimane di quella notte mediterranea. Sopra e intorno all’aereo un’installazione artistica di Christian Boltanski. 81 lampadine sempre accese poste sopra l’aereo ricostruito, una luce che scema di potenza fino quasi a scomparire per poi riprendere con forza la propria luminosità. È la luce della verità, anzi della ricerca della verità che mai deve spegnersi e che mai smetterà di illuminare la strada della giustizia.

Intorno, poi, un percorso di 81 pannelli neri, simbolo della menzogna e della vergogna. Ci si cammina di fianco immergendosi in voci e sospiri che riproducono i pensieri e le speranze, i sentimenti e le emozioni delle 81 vittime. Ci si commuove e ci si indigna. Le voci sospirate invadono e scuotono con una violenza silenziosa e disarmante la mente di chi ci cammina a fianco, si viene rapiti da uno scorrere di flussi emozionali.

C’è una sensazione strana uscendo dai capannoni del museo. Torna quel moto di indignazione mista a commozione. Per le strade e per le vie della Bolognina ci si chiede se dopo trent’anni l’unica cosa che si potesse fare fosse la costruzione di un museo.

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