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I Dublinati, rifugiati prigionieri di Dublino III

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@tawe/zplit

Dublino III è solo l’ultimo step del percorso fatto dall’Unione Europea al fine di uniformare il sistema d’asilo europeo. Sembra un’operazione chirurgica, tutti i paesi assemblati in modo da rendere l’organo Europa funzionante. Ogni singola persona va messa nel posto giusto seguendo regole ben precise per evitare un’emorragia umana.

Scrivo seduta su un treno affollato e surriscaldato che mi porta verso il tribunale dove sarà depositato l’ennesimo ricorso contro un diniego di protezione internazionale. Nella mia borsa giace la storia di un ragazzo di venti anni i cui diritti sono stati metodicamente e scrupolosamente negati. La vita delle persone non è un tassello da sistemare nel paese più consono, la vita di una persona non può essere ridotta ad un ammasso di requisiti che o ci sono o non ci sono, o sei dentro o sei fuori, o sei qui o sei lì. Dublino III ancora una volta cerca di regolamentare il sistema uomo senza tenere conto che uomo è vita. Ancora una volta non deciderai dove nascere né tantomeno dove vivere, ancora una volta qualcuno sceglierà per te.

Impronte: chi le lascia è perduto. Vengono prese, con o senza manganello, con o senza la tua volontà. Dove: nel primo paese europeo in cui metterai piede. Perché: questo è il criterio per assegnare la tua domanda di asilo al paese competente. Conseguenze: sei fottuto. Una volta che un richiedente asilo fa domanda di protezione internazionale, dovrà restare nel paese in cui le sue impronte sono state prese e che a sua volta sarà competente per la valutazione della richiesta d’asilo.

Fino a quando non avrai l’esito, non potrai lasciare il paese, una volta saputo l’esito, neanche. Non importa se hai marito, figli, madre e padre in un altro stato dell’UE, anche se la tua richiesta è stata accolta, non sei comunque cittadino dello stato in cui ti trovi, e pertanto, non puoi circolare liberamente. Ciò che ne consegue, sono famiglie divise, persone detenute, persone lasciate senza mezzi di sostentamento, giustizia negata e rimpalli tra uno stato e l’altro, peccato che ad essere preso a calci sia un essere umano.

Da questo fenomeno di rimpalli tra paesi, nasce il termine Dublinati. Questi sono i rifugiati costretti a soggiornare in un determinato paese anche se non vogliono, perché è qui che sono stati identificati. Non solo non sei libero di muoverti, ma sei anche costretto a stare alle nostre condizioni. Nel Paese Italia l’accoglienza non è un concetto troppo sviluppato. Non ci sono dormitori, non ci sono sussidi, non c’è lavoro e se c’è sarà a nero. Si dorme per strada, in posti occupati e se ti va bene ci sarà qualcuno a regalarti una coperta in vista dell’inverno e che tu ti rivenderai per comprarti da mangiare. Dignità e protezione sono un lusso che nessuno conosce.

C’è una via di uscita: la possibilità di fare appello alle clausole di discrezionalità e cioè la clausola di sovranità e la clausola umanitaria che consentono di derogare ai criteri generali di determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda di asilo. Ma questo, i dublinati non lo sanno.

Per approfondire Dublino III vi consigliamo di leggere la scheda di ASGI (Associazione per gli Studi giuridici sull’immigrazione) rivolta agli operatori che lavorano con richiedenti asilo.

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