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Fenomenologia dello juventino

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@_bianconero

In matematica sono sempre stata una capra, ma ho chiesto aiuto a chi ne sa più di me per offrirvi fresco fresco questo calcolo: nel nostro Paese almeno uno, su tre maschi e mezzo, tifa Juventus. Quindi la mia deontologia professionale impone di affrontare subito lo studio di questo spinoso profilo, perché potrebbe capitarvi proprio adesso che, alzando gli occhi dal pc, vi si pari davanti un aitante tifoso bianconero.

Iniziamo col dire che lo juventino si riconosce subito. Bianconeri criptici ce ne sono pochi al mondo e, di norma, si svelano presto per via di quella fastidiosa caratteristica che li accomuna: la superbia. Calcisticamente parlando, lo juventino è altezzoso o al massimo è abbastanza intelligente da nascondere bene la sua altezzosità.

Questo perché lo juventino non si limita a gioire per le vittorie e ad affrontare le sconfitte a testa alta. No. Egli è convinto che la sua squadra sia la più forte in assoluto, quella che gioca meglio e soprattutto l’unica degna di essere tifata. Anche quando perde, anche quando vince senza meritarlo.

Gli juventini – che conosco bene – obietteranno: ma perché, Cinzia cara, non è forse vero che la grande Signora sia la squadra che in Italia ha vinto di più? Questo è certo.  Ma noi di Ragazzetta dello sport non ci lasciamo mica ingannare dalle apparenze e conosciamo bene, caro il mio tifoso juventino, cosa si nasconde dietro quella sicumera.

Non proprio degli originali, gli juventini amano i vincenti, il che per noi donne è solo un bene. Dalla vita di coppia saranno bandite campagne di sensibilizzazione per l’estinzione del Coccodrillo dell’Orinoco o estenuanti raccolte fondi per la tutela del gruppo etnico caucasico degli Abcasi. Un bianconero, poi, non ti porterà mai ad una lectio magistralis sull’avvincente tema: “Ma è proprio vero che Celestino V fosse un incapace?”

Ma noi sappiamo che la loro innegabile tracotanza si lega ad un equivoco di fondo: credono che ci sia un merito nell’amare i vincenti, mentre al massimo c’è merito nel vincere. La presunzione dello juventino nasce dall’idea di aver fatto la scelta vincente e, invece, ha solo fatto quella più facile. Nessun dubbio a riguardo. Dietro quella scelta si nasconde spesso un deficit di sicurezza: il bambino juventino di fronte alla concreta minaccia degli insulti da parte dei compagni, ha scelto la squadra che gliene avrebbe garantiti di meno, e quella che, in caso di sconfitta, gli avrebbe permesso di sparire nascondendosi nella maggioranza.

È in nome di questa concretezza che il bianconero non riesce proprio a concepire la possibilità di tifare per una squadra che sia discontinua come il Milan, tragica come l’Inter, sfigata come il Sassuolo. Dove avrebbe trovato uno juventino il coraggio o l’abnegazione necessari per tifare l’Inter negli anni Novanta o il Milan ultimamente? Da nessuna parte, e questo spiega anche il trauma rappresentato da Calciopoli. Ora il problema è che di tutto questo, loro, non hanno la minima consapevolezza. E io li immagino proprio adesso, mentre leggono e scuotono la testa in segno di disapprovazione.

Ed ecco il mio consiglio, donne alle prese con tifosi juventini: assecondateli. Non sfidate la loro presunzione, perché è uno schermo dietro cui nascondono di essere molto spaventati. Il tremito intimorito che vi sembra di aver intravisto nei loro occhi una notte di mezza estate e che ha attivato in automatico il vostro spirito da crocerossina, esiste, è reale, confermiamocelo una volta per tutte. Ma fate finta di non averlo notato, non squarciate il velo che cela la loro vera natura: tutti hanno il diritto a nascondersi.

(Post scriptum: se state con uno juventino, quel viaggio a Istanbul, beh ecco… andateci con un’amica)

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