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Elogio di Angelino Alfano, il “cattivo” del governo Renzi

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@independent.co.uk

Angelino Alfano è di gran lunga il politico vivente più capace nel nostro Paese. Sì, lo penso.

No, non sto scherzando. Il perché è facile capirlo analizzando il rapporto fra quanto e cosa Angelino vale ed effettivamente rappresenta e quanto e cosa riesce (nonostante questo) ad ottenere. Ma andiamo con ordine.

Partiamo col dire che Ncd e Udc sono quotate oggi, dai sondaggi, fra l’1,5 ed il 3,5 e quindi ai limiti dell’inesistenza. Angelino è poi odiato dalle estreme, Lega, Sel e M5S che ne hanno chiesto ripetutamente la sfiducia. Viene considerato un traditore dai suoi ex alleati di Forza Italia ed è motivo di imbarazzo per i suoi nuovi alleati Democratici.

Nei suoi mandati da ministro dell’Interno, è incappato in almeno due gravi errori che, in altre circostanze, gli sarebbero costate il posto, dal Caso Shalabayeva al brutale pestaggio dei lavoratori di Terni da parte della polizia. E la lista potrebbe non finire qui.

È stato sfiorato dall’inchiesta su Mafia capitale e citato dai pentiti siciliani, riuscendo poi a far passare ben 425 giorni (ad oggi) dal giorno nel quale annunciò che si era vicini all’arresto del boss Messina Denaro.

Un altro al suo posto sarebbe già inciampato da tempo, schiacciato dalla propria irrilevanza elettorale, dalle gaffe e dagli errori, dall’ostilità dell’opinione pubblica o dalla bravura degli avversari. Ma Angelino no. Qualche maligno addebita questa circostanza al caso, alla fortuna di essersi trovato, lui e la sua pattuglia di parlamentari, al posto giusto al momento giusto, ago della bilancia di un sistema in bilico.

E questo è certamente vero, ma non fu la fortuna a mettere Cesare fra Crasso e Pompeo o Napoleone fra Sieyès e Ducos? Angelino, memore della lezione dorotea, ha saputo sfruttare la circostanza favorevole mantenendo per di più un profilo tutt’altro che basso. Chi altri potrebbe permettersi di candidare il proprio partito con il centrodestra a Milano, con Marchini a Roma, con il centrosinistra a Napoli e Salerno, in solitaria a Torino.

Certe volte non si può fare a meno di riconoscere nella relazione fra Alfano e Renzi il più squisitamente Hegeliano dei rapporti servo-padrone. Nato come stampella dei governi PD (prima Letta e poi Renzi) il ministro Alfano sembra essersi trasformato nell’eminenza grigia del governo capace di orientarne ogni scelta.

Quando qualcuno non è d’accordo con Renzi di solito viene chiamato gufo, se a non essere d’accordo è Alfano l’orrido gufo da disprezzare si trasforma, come in una fiaba, in una splendida sensibilità da rispettare. È il caso delle Unioni Civili il cui iter sta finendo per dipendere, proprio come sperava il nostro eroe, dal diktat di NCD, che addirittura non si accontenta dello stralcio della stepchild adoption ma rilancia proponendo di eliminare reversibilità della pensione e condivisione del cognome.

Certo Angelino ci prova a mantenere un certo understatement, sa bene che dovrà sopravvivere anche alla caduta di Renzi come è sopravvissuto a quella della DC e del berlusconismo, ma ogni tanto proprio gli scappa e non ce la fa a nascondere chi veramente tira le fila del governo in Italia, come quando un paio di mesi fa si lasciò scappare quanto forte fosse il suo potere di indirizzo nelle politiche del governo.

Angelino, insomma, lo abbiamo preso in giro in molti e per molto tempo, ma i partiti, i governi e perfino le repubbliche passano e un democristiano siciliano sa sempre come ridere per ultimo.

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