Domenica e lunedì si voterà in Basilicata per il rinnovo del Consiglio regionale, ridotto per la prima volta da 30 a 20 componenti, e per l’elezione del presidente. Si torna alle urne dopo le dimissioni di Vito De Filippo (PD) rassegnate a fine aprile scorso in seguito all’emersione dello scandalo dei rimborsi truccati che ha coinvolto in modo trasversale esponenti di destra, di centro e di sinistra.
Le polemiche però, sembrano destinate ad investire anche la futura amministrazione. A denunciare presunte irregolarità nella raccolta delle firme per la presentazione delle liste sono ancora una volta i radicali che in Basilicata si presentano col simbolo de La Rosa nel Pugno.
Potenza come Milano a dimostrazione che, in politica, il rispetto delle regole è un optional tanto al sud quanto al nord. I candidati alla presidenza sono 8:
– Marcello Pittella, fratello del più noto europarlamentare nonché candidato alle primarie del Pd Gianni, per il centrosinistra.
– Salvatore Tito di Maggio, senatore eletto con Scelta Civica, è il candidato del Pdl Udc e Fratelli d’Italia.
– Florenzo Doino è il candidato del Partito Comunista dei Lavoratori.
– Doriano Manuello è sostenuto dalla lista Matera si Muove.
– Maria Murante è la candidatura proposta da Sel.
– Franco Grillo è il candidato della lista Movimento Grillo e Pensioni, accusata di essere una lista civetta.
– Il movimento 5 stelle propone Piernicola Pedicini
– Infine, Elisabetta Zamparutti correrà per la Rosa nel Pugno.
E’ stata invece esclusa la lista la Destra Fiamma Tricolore che candidava Leonardo Rocco Tauro e non potrà partecipare alle elezioni nemmeno il tenente Giuseppe di Bello essendo stata ricusata anche la lista Basilicata 2.0. La vicenda del tenente di Bello è però interessante e pone diversi spunti di riflessione.
In origine, infatti, Di Bello avrebbe dovuto essere il candidato presidente del Movimento 5 stelle avendo vinto le primarie online. In un primo momento è stato escluso, a quanto pare, per via della condanna precedentemente subita in primo grado a 2 mesi e 20 giorni per rivelazione di segreto d’ufficio. Il tenente di polizia provinciale si sarebbe reso colpevole, insieme al radicale Maurizio Bolognetti, di aver effettuato a proprie spese delle analisi sulle acque della diga del Pertusillo denunciandone l’inquinamento all’opinione pubblica.
Il movimento si sa, ha fatto della legalità la sua bandiera e non fa sconti a nessuno nell’applicazione ottusa di un principio sbagliato secondo il quale qualunque condanna penale inibisce la partecipazione alle elezioni.