Un collegamento casuale, non cercato né voluto, ma dettato dall’entropica connessione globale, per cui la realtà è un aggrovigliato insieme di cavi elettrici, lungo i quali gli impulsi viaggiano secondo percorsi imprevedibili. Il settimo pulsante avvia un vecchio pc.
Ogni tanto penso a Doom. È più forte di me, un po’ come ripensare occasionalmente a un cugino che non vedi da tempo, oppure a quella volta che con i tuoi amici avete tirato… no, vabbé, quello non si racconta. In ogni caso, di recente mi è venuto in mente Doom. Un titolo che a suo modo ha rivoluzionato non solo gli sparatutto, ma i videogiochi in generale. Un titolo che, al di là del suo finto 3D un po’ naif, aveva un vero, grande pregio: la Semplicità.
Tutto ciò potrebbe sembrare limitante, lo concedo. Ma in realtà, è proprio il bello del gioco, in cui la tua più grande preoccupazione, oltre a rimanere vivo, consiste nel valutare se sia davvero il caso di tirare fuori il BFG 9000 e bruciare quaranta celle di plasma per falciare i maledetti imp che stanno per bersagliarti di palle di fuoco. È maledettamente rilassante. Non ci sono mezze misure. Non ci sono dilemmi etici. Si muove? Distruggilo!
Per non parlare del sistema di gioco. Mi interessa la versione pc giocabile con la tastiera, non so poi come fosse per le console. Ma i tasti da tenere in considerazione erano veramente una manciata. Le frecce direzionali, control, la barra spaziatrice e poco più. E non c’era nemmeno da prendere la mira in verticale, ma solo in orizzontale. L’ideale per spegnere il cervello e divertirsi dopo un’intensa giornata di studio o lavoro.
Insomma, oggi i videogiochi si sono fatti complessi e raffinati. Ma ogni tanto c’è anche bisogno di Semplicità. Di Ignoranza. Di Immotivata Violenza. Di imbracciare la motosega e aprire in due uno di quei maledetti cosi rosa di Doom. Va bene, vado a recuperare il fucile a canne mozze dalla soffitta.