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Al Forte prenestino il fumetto ha fatto crack

Crack festival al Forte prenestino
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Si è conclusa il 28 giugno l’undicesima edizione del CRACK, il Festival internazionale di fumetto e arte disegnata e stampata al CSOA Forte prenestino.
Premesso che il Crack è ossigeno puro ed è il place to be (come scrivono quelli che vogliono fare i fichi) se ti piacciono i fumetti o se in qualche modo sei legato al mondo dell’editoria e dell’illustrazione indipendente, quindi viva il Crack e cento di queste edizioni…

C’è un però, ed è un però bello grosso.

Per la prima volta quest’anno ho pensato che CRACK non stesse lì a dare un senso al sottotitolo della manifestazione (fumetti dirompenti), ma che indicasse che qualcosa si è rotto con la stessa velocità e veemenza di un grissino quando sei affamato e la tua ordinazione non arriva.

CRACK, appunto.

È l’articolo che non avrei mai voluto scrivere. Chiariamolo. Dopo tanto disquisire endogeno ed esogeno sono arrivato alla conclusione (già da diversi anni in realtà) che i centri sociali siano la miglior cantina possibile in Italia, almeno per far crescere qualcosa che non sia il fumetto mainstream che esce dalla scuole di comics. Un laboratorio per voci nuove. Ma quelli che ho visto al Crack festival al Forte prenestino (non tutti ovviamente) più che indipendenti e dirompenti mi sono sembrati artisti capitati lì per caso. Molti sembravano urlarti volevo essere Andrea Pazienza ma ho sbagliato secolo e pure con le droghe non è che vada molto bene. Altri (quasi tutti in realtà, diciamo una media di una cella ogni tre) ci ricordano che il trend del momento sono gli insetti. Insetti da manuale di entomologia, disegnati nei dettagli. Vendono quadri, stampe, poster anatomici e idee per tatuaggi.

Ma come ci siamo arrivati?
La colpa, almeno secondo il sottoscritto, è da dividere in parti eque.

1/3 dell’organizzazione, che sembra non aver adottato una logica sia nella disposizione delle celle (non sono riuscito a verificare ma gli scorsi anni era casuale ndr) sia nell’assenza (almeno apparente) di una vera impronta editoriale. Il tema è Capitale (umano? Mafia? Investimenti e multinazionali?). Nel Festival il tema non si vede! E l’assenza di un catalogo che aiuti il pubblico a orientarsi è un punto davvero debole.

1/3 degli espositori. Parecchi sono poco disposti a chiacchierare col pubblico. Troppo presi a rannicchiarsi in un cantuccio autistico e a disegnare incuranti di chi si avvicina incuriosito alle loro opere. Da questo punto di vista molto più interattivi gli espositori stranieri degli italiani. Ma i giudizi traeteli voi. Per quanto mi riguarda le poche cose apparentemente degne d’acquisto quest’anno le ho dovute cercare col lumicino. E non sono neanche troppo sicuro di averle trovate.

1/3 del pubblico. Pochi in realtà sembrano essere lì per visitare le celle e calarsi nel mondo dell’illustrazione indipendente. Il visitatore tipo del forte prenestino lo amo, mi piace e io stesso ne sono parte. Ma al Crack sembrano quasi tutti andare per il contorno musicale, festaiolo e mangereccio. Al limite, per cercare un insetto da tatuarsi sul corpo.

Ecco, almeno una tendenza evidente il Crack 2015 ce l’ha lasciata.
Con speranza verso il 2016, passo e chiudo.

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