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Buffon e Pirlo: quando un uomo lascia una donna

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@Gianfranco Goria

Come il tuono, dopo il fulmine. Da piccoli era divertente contare i secondi che li separavano: alle volte, il rumore del tuono si faceva attendere più del previsto che quasi pensavamo non arrivasse più. Ma poi esplodeva, puntuale e inesorabile. Sempre.

Come il tuono dopo il fulmine, ogni volta che un uomo lascia una donna, ecco che, senza eccezione, prima o dopo, spunta l’altra. Potranno storcere il naso i nostri lettori maschi, ma sanno bene che proprio il mondo del calcio ultimamente offre l’ennesima prova di questa empirica certezza.

All’ombra della Mole si assiste all’epilogo di due note storie d’amore. Chi l’avrebbe mai detto che Andrea Pirlo, giocatore sapiente ma non proprio un carattere esuberante, mandasse all’aria il suo matrimonio con Debora Roversi dopo dodici anni e ben due figli?

Certo, visto il miracolistico successo di Hollande tra le piacenti quarantenni francesi, ormai non mi stupirei neppure a sapere che Lino Banfi abbia finalmente coronato il suo sogno erotico, convolando a giuste nozze con Edwige Fenech.

Ma mi sono distratta. Dicevo: Torino. Ecco sì, anche Gigi Buffon sembrava solido al fianco di Alena Seredova e invece pure tra i due fisicatissimi sposi c’è aria di crisi.

In entrambi i casi, dopo gli unanimi moti d’affetto e solidarietà, ecco che è spuntata l’altra: come il tuono, dopo il fulmine. Per Pirlo, si tratta di una pierre immobiliarista appassionata di autoscatti; su Buffon si vocifera di una sbandata per Ilaria D’Amico, la donna ideale del maschio medio italiano perché è bella, saggia e soprattutto esperta di calcio.

(E io sarei pure d’accordo, ma lo vorrei proprio vedere il maschio medio italiano affianco ad una con la voce acuta e quell’aria perennemente da secchiona come la D’Amico: una che probabilmente alla terza volta che non centri il water, si ripromette di tagliartelo).

Perché, diciamoci la verità, se è più semplice per tutti chiudere una storia quando un’altra relazione è già in caldo, nei maschi occupati questo comportamento diventa regola. Come il tuono, dopo il fulmine.

Non è solo una questione di pusillanimità, anche se ne approfitto volentieri per sfatare un attimo il mito dell’uomo coraggioso. Magari era coraggioso quando un tempo andava a caccia di mammut, ma forse già allora, davanti alla sofferenza acuta di una separazione e all’abisso della solitudine, l’uomo preferiva rinviare. O alla peggio farsi lasciare subdolamente. Ma l’uomo di oggi è angosciato da altro. Accecato dalla superbia, egli è certo che la sua ragazza reagirà in due possibili modi:

a) una crisi spropositata, lacrime, dramma e tendenze al suicidio;

b) una crisi spropositata, lacrime, dramma e tendenze all’omicidio.

Annichilito dalla certa perdita di senno dell’amata che, incapace di stare al mondo senza lui, usa violenza su se stessa e sugli altri, l’uomo si immola sull’altare del suo essere infelicemente occupato.

“Non è amore questo? Stare con lei anche se non la amo più?” Mi disse una volta il mio amico Gegé, dimostrando un’affascinante inclinazione per i pensieri complessi.

è che l’amore finisce, il che non è un dramma. Bisognerebbe pensare anche al come, però. Dice Kundera: «Sedurre una donna è cosa che sa fare qualsiasi imbecille. Ma bisogna anche saperla lasciare, ed è da questo che si riconosce l’uomo maturo.» Forse i calciatori dovrebbero leggere di più. Forse non solo i calciatori.

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