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Open, Agassi: un film in 10 video

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Reading Time: 9 minutes
@Charly W. Karl

Nel formidabile Il bar delle grandi speranze il premio Pulitzer J.R. Moehringer scrisse la propria giovinezza, e quando André Agassi lo lesse non esitò a contattare l’autore: il celebre tennista desiderava che Moehringer gli mostrasse anche la sua di vita attraverso i suoi occhi.

Nacque Open, clamoroso successo editoriale del 2009, che ha incantato i lettori con il racconto verace della storia di un campione di tennis che odia il tennis, che lo ha odiato con tutto il cuore. Tradotto in 16 lingue, Open permette di ripercorrere il vissuto di Agassi in numerosi passaggi familiari e sportivi, binomio fuso nella narrazione.

Giunto velocemente alla conclusione della lettura, ho provato immediatamente due irrealizzabili desideri:

a. Leggere la biografia di Sampras scritta da Moehringer

b. Vedere Open

Siccome di film non se ne parla (André spiega come sia complicato stare dietro alla resa filmica dei differenti personaggi e che lui non voglia mancare di rispetto a nessuno), sono andato in cerca di tutti i video collegati a Open, libro di cui ho un po’ sofferto la brevità delle descrizioni dei match.

In questa ricerca ho trovato una trentina di video, non solo tennistici: ne ho scelti 10 (sono rimasti esclusi sfide a Nadal e Federer, oltre a video con Bollettieri e a un paio di discorsi pubblici di Agassi) che ho accostato a 10 brani del libro, a comporre un mio personale film di Open. Buona lettura e buona visione.

Vai al primo video: Agassi vs Baghdatis


1. André Agassi vs Marcos Baghdatis (trentaduesimi U.S. Open 2006)

Con la coda dell’occhio colgo un piccolo movimento. Mi volto e vedo Baghdatis che allunga una mano verso di me. Il suo viso dice: “Siamo stati noi”. Allungo una mano anch’io, a prendere la sua, e rimaniamo così, tenendoci per mano, a guardare la sintesi della nostra nobile lotta.

(Open, J.R. Moehringer, cap.1, p.33)

Vedi lo spot Canon con Agassi


2. Imagine is everything (1990)

https://www.youtube.com/watch?v=E78OnfyQiWo

I tifosi presenti ai miei match iniziano a sfottermi con quello slogan. Dài, Andre – l’immagine è tutto. Lo gridano se manifesto qualche emozione. Lo gridano se non manifesto nessuna emozione. Lo gridano quando vinco. Lo gridano quando perdo.

(Open, J.R. Moehringer, cap.9, p.169)

Vedi Agassi vs Ivanišević


3. André Agassi vs Goran Ivanišević (finale Wimbledon 1992)

Lui lancia la palla, serve sul mio rovescio. Io salto in aria, colpisco con tutta la forza, ma sono così teso che la palla arriva sul suo rovescio a una velocità mediocre. Per qualche motivo Goran sbaglia una facile volée. La sua palla finisce in rete e come se niente fosse, dopo ventidue anni e ventidue milioni di colpi con una racchetta da tennis, sono il campione di Wimbledon 1992.

Cado in ginocchio. Poi a faccia in giù. Non riesco a credere di provare una simile emozione. Quando mi rialzo barcollando, Ivanišević compare al mio fianco. Mi abbraccia e mi dice con calore: Congratulazioni, campione di Wimbledon, Te lo sei meritato, oggi.

Una lotta grandiosa, Goran.

Lui mi dà una pacca sulla spalla. Sorride, va alla sua sedia e si copre la testa con l’asciugamano. Capisco le sue emozioni meglio delle mie. Una parte del mio cuore è con lui mentre mi siedo e cerco di riprendermi.

(Open, J.R. Moehringer, cap.13, p.211)

Vedi Agassi vs Sampras (1994)


4. André Agassi vs Pete Sampras (finale Key Biscayne 1994)

Il medico fa a Pete un’iniezione, poi lo fa alzare in piedi. Lui barcolla come un puledro appena nato. Non ce la farà mai.

Il direttore del torneo viene da noi.

Pete è pronto, dice.

Benissimo, risponde Brad. Noi anche.

Non ci vorrà molto, dico a Brad.

Ma Pete lo fa di nuovo. Manda in campo il suo gemello cattivo. Questo non è il Pete raggomitolato sul pavimento dello spogliatoio. Non è il Pete che barcollava in cerchio dopo l’iniezione. Questo Pete è nel fiore degli anni, serve alla velocità della luce, quasi senza sforzo. Sta giocando il suo tennis migliore, è imbattibile, e arriva in un lampo a 5-1.

Adesso sono arrabbiato. Mi sento come se avessi trovato un uccellino ferito, l’avessi portato a casa e curato amorevolmente perché poi tentasse di cavarmi gli occhi. Reagisco e vinco il set. Adesso sono sicuro di aver tenuto testa all’unico attacco che Pete era in grado di sferrare. Non può avere energie residue.

Ma nel secondo set migliora ancora e nel terzo è un fenomeno. Vince il match in tre set.

Irrompo nello spogliatoio. Brad è lì che mi aspetta, furibondo. Ripete che se fosse stato al mio posto avrebbe costretto Pete al ritiro. Avrebbe preteso l’assegno destinato al vincitore.

Io non sono fatto così, gli rispondo. Non voglio vincere in quel modo. E poi, se non sono capace di battere uno lungo per terra con un’intossicazione, non me lo merito.

Brad si azzittisce di colpo e spalanca gli occhi. Annuisce, non ha niente da ribattere.

Rispetta i miei principi, dice, anche se non li condivide.

(Open, J.R. Moehringer, cap.15, p.244)

Vedi Agassi vs Becker


5. Boris Becker vs André Agassi (semifinale US Open 1995)

https://www.youtube.com/watch?v=88EJnuOM7D0

Il quarto set è un testa a testa. Teniamo entrambi il servizio, cercando un’apertura per fare il break. Guardo l’ora. Le nove e mezza. Nessuno va a casa, qui. Serrate tutte le porte, mandate a comprare dei panini, non ce ne andiamo finché questa maledetta faccenda non è sistemata. L’intensità è palpabile. Non ho mai voluto niente così tanto. Tengo il servizio e vado 6-5 e adesso Becker serve per rimanere nel match.

Punta la lingua verso destra, serve a destra. Indovino la direzione e tiro un gran vincente. Polverizzo i suoi due servizi successivi. Adesso serve sotto di 0-40, triplo match point.

Perry gli sbraita contro. Brooke lo tempesta di urla da raggelare il sangue. Becker sorride, salutandoli entrambi con la mano come se fosse Miss America. Sbaglia la prima. So che tirerà una seconda aggressiva. È un campione, si presenterà da campione. E poi tiene la lingua in mezzo. Di sicuro mi tirerà una seconda più veloce al corpo. Normalmente ti preoccupi del rimbalzo alto e del kick, così vieni avanti, cerchi di colpire la palla d’anticipo, prima che ti rimbalzi al di sopra della spalla, ma io decido di rischiare, mantengo la posizione e il rischio paga. Ecco la palla, nella posizione ideale. Tiro indietro le anche e mi sistemo per assestare il colpo migliore di una vita. Il servizio è un po’ più rapido e pesante del previsto, ma riesco ad adeguarmi. Sono sulle punte e mi sento Wyatt Earp, Spider-Man e Spartaco. Roteo il braccio. Ogni pelo del mio corpo è ritto. Nel momento in cui la palla esce dalla mia racchetta, dalla mia bocca esce un suono puramente animalesco. So che non emetterò mai più un suono del genere, né colpirò mai più una palla da tennis così forte o con maggiore perfezione. Questa è l’unica pace: una palla colpita in maniera impeccabile. Quando atterra nella metà campo di Becker, il suono sta ancora uscendo da me. AAAAGHHHHHHHHH.

La palla supera Becker in un lampo. Match Agassi.

Becker si avvicina alla rete. Che aspetti. I tifosi sono in piedi e agitano le braccia estatici. Io guardo Brooke, Gil, Perry e Brad, soprattutto Brad. E vai! Continuo a guardarli. Becker è ancora vicino alla rete. Non m’importa. Lo lascio lì come un testimone di Geova fuori della porta. Alla fine, alla fine, mi tolgo il polsino, vado a rete e tendo la mano più o meno verso di lui, senza guardare. Lui me la stringe e io la ritraggo subito.

Un giornalista televisivo corre in campo e mi fa qualche domanda. Rispondo senza pensare. Poi guardo nella telecamera sorridendo e dico: Pete! Eccomi!

(Open, J.R. Moehringer, cap.17, p.277)

Vedi quella puntata di Friends

6. Friends

https://www.youtube.com/watch?v=DRiuGCoKPT0

Balzo in piedi, corro giù per le scale ed esco da una porta di servizio. È buio. Come è diventato buio così presto? Proprio fuori dalla porta c’è la Lincoln che ho noleggiato. Dietro di me arrivano Perry e Brooke. Perry è sconcertato. Brooke è sconvolta. Mi afferra il braccio e mi chiede: Dove vai? Non puoi andartene!

Perry dice: Cosa c’è che non va? Che succede?

Lo sapete. Tutti e due.

Brooke mi prega di rimanere. E anche Perry. Gli dico che è impossibile, non voglio guardarla leccare la mano ad un uomo.

Non farlo, dice Brooke.

Io? Io? Io non faccio niente. Tornate dentro e divertitevi. In bocca al lupo! Buona leccata. Io me ne vado.

(Open, J.R. Moehringer, cap.18, p.285-286)

Vedi Agassi vs Sampras (2001)


7. André Agassi vs Pete Sampras (quarti di finale US Open 2001)

https://youtu.be/KSc13–Gahs?t=2h58m7s

Nel quarto set abbiamo diversi scambi epici. Giochiamo da tre ore e ancora nessuno dei due ha strappato il servizio all’altro. È passata mezzanotte. I tifosi – oltre 23.000 – si alzano in piedi. Non ci lasciano iniziare il quarto tie-break. Prima che ricominciamo vogliono dirci grazie.

Sono commosso. Vedo che anche Pete lo è. Ma non posso pensare ai tifosi. Non posso permettermi di pensare ad altro che a raggiungere il rifugio del quinto set.

Pete sa che sarei avvantaggiato se si va al quinto. E così lo fa. Una serata di tennis impeccabile si conclude con il mio diritto in rete.

Pete lancia un grido.

Sento letteralmente le mie pulsazioni che decelero. Non sono dispiaciuto. Ci provo, ma non ci riesco. Mi chiedo se mi sto abituando a perdere con Pete in match grandiosi, o semplicemente sono contento della mia carriera e della mia vita.

(Open, J.R. Moehringer, cap.25, p.431)

Vedi Agassi e Nadal vs Sampras e Federer


8. André Agassi/Rafael Nadal VS Pete Sampras/Roger Federer (Hit for Haiti Indian Wells)

https://youtu.be/VKWI5RcvzIs?t=48m

Brad e io stavamo mangiando in un ristorante italiano, Mamma Gina, e abbiamo visto Pete seduto con alcuni amici dall’altra parte della sala. Uscendo si era fermato e ci aveva salutato. In bocca al lupo per domani. Anche a te. Poi lo abbiamo osservato dalla finestra che aspettava la sua auto. Tacevamo, pensando ognuno alla differenza che aveva fatto nella nostra vita. Quando Pete è partito ho domandato a Brad quanto pensava avesse dato di mancia al posteggiatore.

Brad ha riso forte. Cinque dollari, al massimo.

Ma no, ho replicato. È milionario. Ha guadagnato quaranta milioni solo di premi. Gliene avrà dati almeno dieci.

Scommettiamo?

Scommettiamo.

Abbiamo finito in fretta di mangiare e siamo corsi fuori. Ascolta, ho detto al parcheggiatore, dicci la verità: quanto ti ha dato di mancia Mr Sampras?

Il ragazzo si è guardato i piedi. Non ce lo voleva dire. Ci pensava su, chiedendosi se fosse una candid camera.

Gli abbiamo detto che avevamo scommesso, per cui doveva assolutamente dircelo. Alla fine ha sussurrato: Volete davvero saperlo?

Spara.

Mi ha dato un dollaro.

Brad si è messo una mano sul cuore.

E non è tutto, ha aggiunto il ragazzo. Mi ha dato un dollaro – e mi ha detto di assicurarmi di darlo a chi gli portava effettivamente la macchina.

Non potremmo essere più diversi, Pete e io, e mentre mi addormento la sera prima di quella che sarà forse la nostra ultima finale, giuro che domani il mondo vedrà la differenza.

(Open, J.R. Moehringer, cap.26, p.442)

Vedi Agassi vs Sampras (2002)


9 Pete Sampras vs André Agassi (finale US Open 2002)

Sul 3-4, con Pete al servizio, ho due palle break. Se vinco questo game servirò per il set. Quindi è questo il game decisivo. Lui si concentra, salva la prima e sulla seconda palla break gli tiro una risposta velocissima sulle scarpe. Penso di averlo passato – sto già festeggiando – ma in qualche modo lui si gira, la trova e colpisce una semivolée che cade e muore subito al di qua della rete. Parità.

Sono spaventato. Pete si aggiudica il game e poi mi fa il break.

Adesso è lui a servire per il match e quando Pete serve per il match è un assassino spietato. Tutto si verifica molto in fretta.

Ace. Un ricordo confuso. Volée di rovescio, impossibile da raggiungere.

Applausi. Stretta di mano a rete.

Pete mi rivolge un sorriso amichevole, mi dà una pacca sulla spalla, ma l’espressione sul suo viso è inequivocabile. L’ho già vista.

Eccoti un dollaro, ragazzo. Vammi a prendere la macchina.

(Open, J.R. Moehringer, cap.26, p.443-444)

Guarda il ritiro dal tennis professionistico


10. Il ritiro

https://youtu.be/x702JRLrfos?t=6m

Percorro zoppicando la hall del Four Seasons la mattina dopo, quando un uomo esce dall’ombra. Mi prende per un braccio.

Lascia perdere, dice.

Che?

È mio padre – o il fantasma di mio padre. È cinereo. Pare che non dorma da settimane.

Pa’? Di che stai parlando?

Lascia perdere. Va’ a casa. Ce l’hai fatta. È finita.

Dice che prega che mi ritiri. Dice che non vede l’ora che abbia finito, così non dovrà più guardarmi soffrire. Non dovrà più assistere ai miei match con il cuore in gola. Non dovrà stare alzato fino alle due di notte a guardare un match dall’altra parte del mondo per scoprire qualche altro enfant prodige che potrei dover affrontare presto. È stufo di tutta questa miserabile faccenda. Sembra che… è mai possibile?

Sì, lo leggo nei suoi occhi.

Conosco quello sguardo.

Odia il tennis.

Dice: Non ti sottoporre più a una cosa del genere! Dopo ieri notte non devi dimostrare più niente. Non ti posso vedere così. È troppo penoso.

Allungo una mano e gli tocco la spalla. Mi dispiace, pa’. Non posso lasciar perdere. Non può finire con me che lascio perdere.

Trenta minuti prima del match faccio un’iniezione di antinfiammatorio, ma è diverso dal cortisone. È meno efficace. Contro il mio avversario del terzo turno, Benjamin Becker, riesco a stento a tenermi in piedi.

Guardo il tabellone segnapunti. Scuoto la testa. Continuo a chiedermi: È mai possibile che il mio ultimo avversario debba essere un tizio che si chiama B. Becker? Avevo detto a Darren che avrei voluto finire affrontando qualcuno che mi piace e che rispetto, oppure qualcuno che non conosco.

E ho ottenuto il secondo.

Becker mi fa fuori in quattro set. Sento distintamente il nastro del traguardo che si taglia contro il mio petto.

Gli ufficiali di gara degli US Open mi permettono di rivolgere qualche parola ai tifosi sugli spalti e a casa prima di dirigermi negli spogliatoi. So esattamente quello che dirò.

Lo so da anni. Eppure mi ci vuole qualche istante per trovare la voce.

Il tabellone segnapunti dice che oggi ho perso, ma quello che non dice è ciò che ho trovato. Negli ultimi ventuno anni ho trovato la lealtà: avete fatto il tifo per me sul campo e anche nella vita. Ho trovato l’ispirazione: avete voluto che ce la facessi, talvolta anche nei momenti più bui. E ho trovato la generosità: mi avete offerto le spalle su cui salire per raggiungere i miei sogni – sogni che non avrei mai realizzato senza di voi. Negli ultimi ventuno anni ho trovato voi, e porterò con me voi e il vostro ricordo per il resto della mia vita.

(Open, J.R. Moehringer, cap.29, p.480-481)

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