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Vermeer, una perla rara?

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@rubyblossom

[quote align=”center” color=”#999999″]è scoppiata la mania della Ragazza con l’orecchino di perla. Anzi, continua.[/quote]

Nel 1999 la scrittrice americana Tracy Chevalier pubblica con questo nome un libro dalla trama evanescente, sui presunti rapporti tra il pittore Vermeer e una servetta che poi ritrarrà con un orecchino perlaceo. Successo clamoroso!

Dopo quattro anni diventa un film, col fascinoso Firth e la sensuale Johansson. Ancora atmosfere raffinate, densi silenzi, la superiore nobiltà dell’arte. Una dolce (e ben diretta) evasione verso un mondo remoto?

Non contenti, c’è ora una mostra a Bologna, che sarebbe sulla pittura olandese del ‘600 ma in realtà sfrutta il traino della ”perla” (ed è per questo già stata demolita da alcuni critici). Un po’ come la Gioconda, vado a vedere lei e già che ci sono do uno sguardo al Louvre. E quella che la storia dell’arte conosceva come Fanciulla col turbante ha cambiato addirittura nome grazie alla potenza di altri, e ben più potenti, media.

Ma chi era Vermeer? Della sua vita si conosce pochissimo, tanto che per questo lo chiamano ”la sfinge di Delft” (dove nacque nel 1632). Si conoscono complicate vicende giudiziarie relative ai suoi beni, alla sua potente suocera e al suo scapestrato cognato, si sa che muore a 43 anni. La sua pare una vita piuttosto conchiusa nell’ambiente dell’arte, priva di spericolate trasgressioni.

Ma gli olandesi del ‘600, coraggiosi navigatori e strenui difensori della propria autonomia, a casa loro erano prudenti e operosi amministratori della ricchezza. E i pittori riflettevano questo stile di vita, con quella tipica pittura di interni stracolmi di soprammobili, precisa fino all’ossessione.

Vermeer faceva quadri un po’ diversi. Vero, realizza anche due stupefacenti esterni della sua Delft (un’Amsterdam in minore, con canali e chiese appuntite), quanto di più simile alla fotografia per l’epoca. Ma per lo più dipinge quieti interni borghesi, una limpida luce da sinistra a investire la protagonista.

Già, Vermeer ritrae soprattutto giovani donne. Intente a leggere o a scrivere una lettera importante, a bere un bicchiere in compagnia di un elegante ammiratore, o a suonare composte i ricchi strumenti del tempo. Un’atmosfera raffinata, fuori del tempo, solo in apparenza realistica.

Forse è questo che attira i fan della ragazza dell’orecchino, questi pavimenti a scacchi lucidi, le vesti di ermellino, le complicate acconciature con i boccoli cascanti, in cui si muovono sospese e luminose queste giovani donne di tanti secoli fa. Sembrano lontanissime, irreali, ma fanno cose normali, quotidiane: leggono, suonano, ridono. Sognano. Non sono neanche bellissime. Ma sono loro le protagoniste.

È proprio quest’alone di sogno realistico che colpisce in Vermeer. Era forse amico dello scienziato Van Leeuwenhoek, perfezionatore del microsopio a lente, le cui scoperte possono averlo influenzato nel rendere la luce così esatta ma così magica, evocativa. Forse il fascino di questa nuova Monna Lisa è proprio questo: partire dalla donna di ogni giorno, magari data per scontata, sbiadita; e trasfigurarla, renderla unica. Eterna.

Non è quello che molte donne sognano?

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