Site icon Le Nius

Torneranno i prati di Ermanno Olmi

Reading Time: 2 minutes
Torneranno i prati di Ermanno Omi

Torneranno i prati, Ermanno Olmi. Inverno 1917. Da qualche parte sul fronte nord-orientale. È notte. Uomini in mantella spalano la neve, appena fuori dalla trincea. Attorno, solo il silenzio della luna. Vicinissimi, ”tanto da sentirne il respiro”, i nemici austriaci.

Inizia così Torneranno i prati di Ermanno Olmi. Con pochi, essenziali colori – grigio, marrone, bianco – ti porta letteralmente dentro la prima guerra mondiale. Dentro le trincee. Sei a fianco dei soldati. Respiri il gelo, condividi il rancio, il fiondare delle granate.

Non c’è bisogno di scene madri. Di tanto sangue, di quelle cose da action movie. Tutto accade quasi per necessità, perché deve accadere. Ci sono infatti due toni dominanti che percorrono tutto il film.

Il primo è l’attesa. Obbligata, totale, implacabile. La guerra di posizione, orrenda e schifosa come tutte le guerre, è un crudele esercizio di attesa. Aspetti il prossimo attacco, la posta, gli astratti ordini che qualcuno ”al caldo” invia al fronte. Aspetti soprattutto che la guerra passi. E tu di poterlo vedere.

Ma c’è anche un’altra linea. La paura. Come un lievito che impasta ogni battito di una vita sempre rubata alla morte. Paura che ne genera altre, in una perfida spirale, come quella di essere dimenticati dai propri cari, o della terribile febbre spagnola. Non a caso, il film è liberamente ispirato all’omonimo e incisivo racconto di Federico De Roberto, l’autore de I Vicerè.

Lontano da ogni bieco realismo documentario, Torneranno i prati di Ermanno Olmi è antimilitarista non (solo) per posizione ideologica, ma perché ti immerge nella sua assurdità psicologica ed emotiva. Odierai la guerra perché lo senti dentro di te. E alla fine un soldato guarda in macchina, augurandosi che, ”quando torneranno i prati”, non ci si dimentichi delle loro storie.

Nel centenario della grande carneficina, un’opera utilissima per capirne il significato, al di là di ogni retorica celebrativa.

Consigliato a: tutti quelli che parlano di guerra come se fosse una cosa normale

CONDIVIDI
Exit mobile version