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Strage di Ankara: Turchia come l’Italia degli anni ’70?

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@isurfpaducah.com

La strage di Ankara e le sue oltre cento vittime non hanno ancora una spiegazione ufficiale. Il due volte Primo Ministro e ora Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan punta il dito contro Isis. Ed è notizia dell’ultima ora che la polizia turca avrebbe identificato uno degli attentatori come il fratello del terrorista che si era fatto esplodere a Soruc a luglio.

Strage di Ankara: elementi che non tornano

È singolare che i due maggiori attentati perpetrati dal Califfato in territorio turco abbiano avuto come bersaglio i suoi oppositori dell’Hdp, il partito curdo che sta dando filo da torcere al premier, impedendogli, alle ultime politiche, di raggiungere quella maggioranza assoluta che gli avrebbe permesso ulteriori modifiche in senso autocratico alla costituzione. Altrettanto singolare che i kamikaze abbiano agito, in entrambi i casi, in piena campagna elettorale.

C’è chi denuncia la morbidezza con la quale Erdogan (non) si sarebbe opposto all’Isis sul confine siriano preferendo accanirsi proprio contro quei curdi che più di tutti si sono sacrificati per fermare l’onda d’urto del fondamentalismo islamico. Al Presidente si rimprovera anche l’eccessiva facilità con la quale foreign fighters e agenti Isis si muoverebbero da e verso l’Europa attraverso il territorio turco.

https://www.youtube.com/watch?v=MB-pz-aFbgw

Come in Italia negli anni ’70?

Un partito confessionale al governo, terroristi vestiti di nero, bombe che scoppiano fra la folla, ci sono, insomma, tutti gli ingredienti per richiamare alla mente di noi italiani i sanguinosi anni Settanta e le loro trame oscure. Un’impressione in qualche modo corroborata dagli stessi curdi, sia attraverso il leader dell’Hdp, Dimitris, che punta il dito contro il partito di governo, sia attraverso le manifestazioni in Turchia ed in Italia dove una delegazione di curdi si è recata in Piazza Fontana a Milano per depositare una corona di fiori sotto la lapide delle vittime della bomba al Banco dell’Agricoltura, suggellando il parallelo ideale fra i fatti di allora e quelli di oggi.

Premettendo che gli attentati di Soruc e Ankara ricordano probabilmente di più quelli di Portella della Ginestra o di Piazza della Loggia che Piazza Fontana, bisogna ammettere che è sempre pericoloso comparare fatti avvenuti in luoghi ed epoche diverse così come lo è affibbiare nomi di fenomeni storici ancora tutti da dimostrare o comunque difficili da afferrare nel loro complesso (come è tuttora la Strategia della Tensione italiana) a ciò che sta accadendo in Turchia oggi. A questo bisogna aggiungere il rischio insito nell’avanzare ipotesi di complotto in un dibattito pubblico ormai drogato e falsato da un complottismo dilagante.

Rimane comunque innegabile che nei paesi musulmani dalla Tunisia del nobel per la pace alla Libia smembrata, dall’Egitto dei militari alla Siria e quindi alla Turchia sia in atto una partita a tre tra dittatori o aspiranti tali da un lato, riformatori laici dall’altro e Isis. In questo gioco per il potere non è difficile pensare che due giocatori possano sottoscrivere un tacito patto per far fuori un comune nemico, anche grazie all’ignavia di quell’Occidente che dovrebbe fare dei diritti e della laicità la propria bandiera e ragion d’essere.

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