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Spagna, fine della recessione?

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La Spagna è fuori dalla recessione, ci dicono gli indicatori economici. Che cosa significa? è finita la crisi? La disoccupazione sta calando? Non proprio. Ma, soprattutto, ora quello che tutti si chiedono è: perché loro sì, e noi no? L’Italia ha qualcosa da imparare dal modello spagnolo?

Nel terzo trimestre del 2013 la Spagna è tecnicamente uscita dalla recessione (occhio, non dalla crisi), perché per la prima volta, dopo 9 trimestri consecutivi di contrazione, il Pil ha registrato un andamento positivo: +0,1%. Bisognerà aspettare la fine dell’anno per parlare di ripresa (della serie: non basta un solo dato favorevole per cantar vittoria), verificare gli effetti sull’occupazione e, in ogni caso, misurare l’andamento del Pil su base annua (nel 2013 il Pil si prevede comunque in diminuzione rispetto al 2012). Tuttavia, la notizia ha fatto tirare un sospiro di sollievo, dopo anni di pianto amaro. Cos’è successo?

Due sono le ragioni della buona performance spagnola. Primo: sono aumentate le esportazioni (+0,4%, nell’ultimo trimestre, +6,6% dall’inizio dell’anno) grazie alla crescente competitività dei prodotti spagnoli. Secondo: sono diminuite le importazioni (-0,3%), perché – causa crisi – la domanda interna è calata. La combinazione di questi due fattori ha portato a un miglioramento delle partite correnti, e quindi a una lieve crescita del Pil, ma mette anche in luce l’ambivalenza del dato da cui siamo partiti.

Se da un lato la domanda estera di prodotti spagnoli spinge l’economia, dall’altro le famiglie spagnole, alle prese con disoccupazione alle stelle, salari ai minimi e redditi in costante diminuzione, tirano la cinghia. Bisogna, poi, considerare che perché l’export spagnolo potesse aumentare, trainando l’economia iberica fuori dalla recessione, è stata necessaria una terapia d’urto: drastica riduzione del costo del lavoro, in particolare dei salari; maggiore flessibilità del mercato del lavoro con il proliferare di contratti atipici; un tasso di disoccupazione che supera il 25%.

Paradossalmente, si potrebbe dedurre che i fattori decisivi per l’andamento positivo dell’economia spagnola nell’ultimo trimestre siano legati proprio alla crescita della disoccupazione e alla contrazione del mercato interno, due fenomeni che stanno provando la Spagna dal 2008.

Rimane legittimo chiedersi, dunque, se l’Italia, le cui esportazioni crescono (anche se non ai ritmi spagnoli, +2,9% nel primo semestre 2013) e il cui tasso di disoccupazione (12,5% a settembre 2013) rimane di quasi 14 punti percentuali inferiore a quello spagnolo, possa o debba intraprendere lo stesso percorso per ricominciare a crescere. Difficile dare una risposta. Certo è che, in un paese in cui il costo del lavoro rimane elevato ( non certo per colpa dei salari) e il 65% del fatturato delle imprese esportatrici viene generato dal mercato interno, il rischio che la ricetta spagnola non sia sostenibile nel medio-lungo periodo è più che un’ipotesi. D’altro canto, persino il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, nel commentare l’attuale situazione, ha ribadito che la Spagna può considerarsi fuori dalla recessione, ma non dalla crisi. Che è tutto un altro paio di maniche.

Immagine| Blogosfere

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