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Sondaggi politici: dopo il porcellum, quale legge elettorale?

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Questo insistere sul fatto che la legge elettorale per forza ti deve dare la notte delle elezioni il risultato eccetera, mi sembra, scusate la battuta, quelli che hanno scoperto il sesso a cinquant’anni.                       G. Quagliariello

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La decisione con la quale, lo scorso 4 dicembre, la Corte Costituzionale ha stabilito l’illegittimità della legge elettorale, nella parte in cui attribuisce il premio di maggioranza e nella parte in cui non permette ai cittadini di esprimere la propria preferenza nella scelta del candidato, sembra aver interrotto l’immobilismo del parlamento nel processo di riforma di una legge indegna durato otto anni. Secondo il sondaggio curato dall’istituto Demopolis, il 73% degli italiani vorrebbe che si addivenisse ad un sistema maggioritario che garantisca un vincitore alla chiusura delle urne, slogan tanto caro a Matteo Renzi. Inoltre, il 68% degli intervistati rivendica la possibilità di eleggere parlamentari che siano reale espressione del territorio.

Tuttavia, un conto è dichiarare la propria volontà di riforma, un altro è approntarne una decente. Da principio, si pongono subito due questioni fondamentali: una di merito e una di metodo. Per quel che riguarda il merito, sarebbe interessante capire in che modo si vuole sostituire il porcellum. Dai risultati del sondaggio curato da Ipr per il Tg3 emerge che il 47% degli italiani preferirebbe un sistema con il doppio turno di colazione, mentre il 26% vorrebbe un sistema uninominale come era quello previsto dal mattarellum fino al 2001. Soltanto il 10% auspicherebbe un ritorno ad un sistema proporzionale puro con voto di preferenza.

Legge elettorale, Un percorso irto di ostacoli

Ad oggi non esiste una proposta chiara nemmeno da parte del Pd, che del processo di modifica si fa promotore visto che il suo leader, Matteo Renzi, in questa partita si gioca buona parte della propria credibilità.

Stando a quanto riassunto da Maria Elena Boschi, neo responsabile per le riforme istituzionali del Pd, gli schemi dai quali partire per intavolare una trattativa sono due: «Il primo è un modello a doppio turno, che può essere simile a quello D’Alimonte o a quello che già si utilizza nei comuni. Il secondo, invece, prevede un modello simile ad un Mattarellum corretto». Chiaramente, ogni legge elettorale finisce col favorire qualcuno e danneggiare qualche altro. Così, se la prima ipotesi può incontrare il favore della componente del Nuovo Centrodestra che sostiene il governo, la seconda è maggiormente gradita a Forza Italia.

E qui si apre la seconda questione, quella di merito. Nell’approntare la modifica della legge elettorale, posto che in teoria sarebbe sempre auspicabile il consenso più largo possibile, quali sono i soggetti privilegiati con i quali intraprendere una trattativa? Il Nuovo Centrodestra sostiene che sia imprescindibile un accordo tra le forze che sostengono il governo fino a spingersi, per bocca di alcuni suoi esponenti tra i quali spicca Formigoni, a minacciare il ritiro del sostegno a Letta e ponendo un vincolo tra il destino della legge elettorale e quello delle riforme istituzionali più in generale. Nel Pd invece, non si fa mistero della volontà di dialogare anche con Forza Italia pur di raggiungere un accordo condiviso.

Secondo il 54% degli intervistati nel sondaggio a cura di Ipr per il Tg3, la legge elettorale può essere fatta solo con un accordo tra Pd Forza Italia e M5S, mentre il 33% sostiene che si debba partire dai  partiti che appoggiano il governo. Come pare evidente, il cammino si preannuncia in salita, anche se i tempi si vorrebbero stretti. La componente renziana, dopo aver ottenuto lo spostamento dei lavori dal Senato, nel quale erano fermi da tempo, alla Camera dove una maggioranza più netta può garantire una maggiore celerità, si spinge perfino ad annunciare una data per il primo sì in commissione, il 31 gennaio 2014. Chi vivrà vedrà.

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