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Slow Tourism: il fascino di viaggiare con lentezza

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@ilponticello.net

Lo Slow Tourism è una forma di turismo che segue e rielabora i principi del movimento Slow Food fondato da Carlo Petrini. Lo Slow Food, infatti, nasceva nel 1986 in risposta al dilagante fenomeno del fast food non solo per proteggere le tipicità locali contro una omologazione del gusto e dei prodotti, ma anche per promuovere un approccio al cibo conviviale e non frenetico. Allo stesso modo lo Slow Tourism si presenta come un modo di concepire il viaggio più che uno specifico prodotto turistico. Di fatto promuove autenticità, lentezza, sostenibilità e convivialità in risposta a fenomeni turistici tendenzialmente massificanti e standardizzati.

Lo Slow Tourism è, di fatto, un riappropriarsi di spazi, tempi, luoghi e tradizioni interagendo con la comunità locale. E’ un invito a non scegliere un viaggio “mordi e fuggi” con spostamenti frenetici. E’ un invito a non viaggiare troppo velocemente, a non essere sbalzati da una parte all’altra di un paese in poco tempo. Diciamo quindi che lo Slow Tourism preferisce il muoversi con lentezza su un’area geografica limitata avendo tempo e modo di conoscerla più a fondo. E muoversi con lentezza significa entrare in contatto con la quotidianità di un luogo, portando a casa qualcosa di più della rappresentazione turistica di facciata.

Se Enzo Del Re cantava Lavorare con lentezza, lo Slow Tourism è invece un viaggiare con lentezza. Si tratta di un approccio al turismo promosso a livello nazionale e internazionale anche se per ora prevalentemente in ambito accademico e istituzionale. Negli ultimi anni sono infatti comparsi progetti di promozione turistica e sviluppo locale incentrati sull’idea di Slow Tourism. In Italia ad esempio, il Progetto strategico di cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 finanziato dalla Unione Europea si basa su un’ampia rete di partner istituzionali per attivare modalità di viaggio sostenibili, relazioni transfrontaliere e prodotti turistici “slow”.

Lo Slow Tourism è una risposta critica a quello che Francesco Rutelli nel 2007 aveva definito il “turisdotto italiano”, ovvero l’asse turistico Roma-Firenze-Venezia. Un neologismo mutuato da termini come gasdotto e oleodotto per stigmatizzare un flusso turistico spersonalizzante per le mete visitate. Nel 2007 Rutelli affermava infatti: “In Italia non bisogna continuare a promuovere solo il ‘turisdotto’ ossia il condotto dei turisti che vanno a Roma a vedere San Pietro, a Firenze per gli Uffizi e a Venezia in piazza San Marco e poi fuggono”.

Il viaggiare con lentezza promuove una modalità di consumo responsabile, sostenibile e consapevole. In ambiente accademico – anglosassone e non solo – si è sviluppato uno stimolante filone di ricerca su questa modalità di viaggio così lontana dallo stile di vita anglosassone e nordamericano. Per chi volesse approfondire il tema, sono molto interessanti i contributi del Prof. C. Michael Hall: “Tourism, slow consumption and slow tourism” e “Culinary tourism and Regional Development: from Slow Food to Slow Tourism?”.

Il Bel Paese quindi non solo è stato la culla dello Slow Food, movimento che negli anni ha avuto uno sviluppo internazionale, ma ha anche molti presupposti e le potenzialità per diventare la culla del fenomeno Slow Tourism, come risposta critica al turismo mordi e fuggi e al ‘turisdotto’ italiano.

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