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Orphans

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Orphans, attualmente in scena presso lo Spazio Tertulliano di Milano, è un’opera di genere drammatico dell’autore londinese Dennis Kelly; se il suo nome non vi giunge nuovo, è probabile che siate fan del suo lavoro più celebre, la serie TV britannica Utopia.

Che Kelly venga dalla serialità televisiva è evidente fin dall’incipit: Orphans si apre in media res, nel cuore dell’azione, senza preamboli né presentazioni. Tutto quello che ci serve sapere sui personaggi e sui rapporti che li legano emerge dai dialoghi nei primi cinque minuti, come da manuale di scrittura televisiva.

Difficile parlare dell’intreccio di Orphans senza commettere il reato di spoiler. Le premesse: Danny e Helen, marito e moglie, stanno cenando nella loro casa quando irrompe Liam, il fratello di lei, in stato di shock e con i vestiti inzuppati di sangue. Cosa gli è successo? E quanto c’è di vero nella storia che racconta? La ricostruzione dei fatti che hanno portato a quel momento avrà conseguenze pesanti sugli equilibri familiari: verranno a galla vecchi segreti e tensioni nascoste, fino a una conclusione sconcertante.

Strutturato per blocchi narrativi separati da brevi blackout, Orphans è una vera e propria discesa all’inferno, dove ogni ulteriore gradino avvicina i personaggi agli abissi più oscuri delle loro anime. Ma è anche l’opera di uno scrittore inglese, pertanto non può essere esente da sprazzi di gelido umorismo british, utili ad accentuare ancora di più il clima straniante che si respira in scena.

La versione milanese è diretta da Luca Ligato e messa in scena dalla compagnia Alraune Teatro. Dario Merlini, nel ruolo di Danny, è un credibile everyman costretto dagli eventi a riconoscere la fragilità delle sue certezze. Alice Redini, nei panni di Helen, ha la sottile ambiguità della donna tormentata che si sforza fino all’ultimo di mantenere le apparenze. E Umberto Terruso è un Liam capace di suscitare sentimenti che vanno dalla simpatia alla paura.

Gli attori si muovono all’interno di una scenografia dal minimalismo estremo, dove il vuoto domina sul pieno e i colori sono ridotti al bianco e al nero: perfetta metafora dell’universo narrativo freddo e ostile nel quale sono confinati i personaggi.

A questo punto vi starete chiedendo qual è il senso del titolo. Non rivelo nulla di decisivo ai fini della trama se dico che gli orfani sono Helen e Liam, cresciuti senza genitori. Ma la verità è che prima di arrivare all’epilogo tutti i protagonisti saranno orfani: di se stessi.

Se volete saperne di più, andate a teatro. Orphans è in cartellone fino al 18 aprile.

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