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Non credo ai miei occhi! Uno sguardo alle illusioni ottiche

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Sei in riva al fiume, al tramonto. Estate. Tutto magnificamente fermo, eppure vivo. Un momento irripetibile. Anche il sole è enorme, molto più grande del normale…

@TexasEagle

Potere del romanticismo? Sicuramente. Ma non solo. è tutta colpa dell’ ”illusione di Ponzo”.
(Ma chi è Ponzo? Chi l’ha invitato in riva al fiume?). Tu stai guardando il sole, certo. Ma non vedi solo il sole (scusate il bisticcio), vedi il sole e il fiume e gli alberi ecc… Il tuo cervello è relazionale, sistematico: vede tutto l’insieme.

Siamo abituati a vedere le cose rimpicciolirsi, man mano che si allontanano. Ma il sole rimane sempre uguale (provate a fotografarlo e ve ne accorgerete), dall’alba al tramonto. Se lui è uguale, ma le cose sono più piccole, ecco che ci sembrerà decisamente più grande! Idem con la luna: quelle belle lunone delle placide notti montane… sono più grandi solo perché lo sfondo è fatto di elementi sempre più piccoli.

Non fatti fisici, naturali, ma un prodotto della mente. Tant’è vero che, a furia di guardarli, a un certo punto abbiamo inventato la prospettiva, cioè un trucco per portare le tre dimensioni della realtà sul nostro bel foglio di carta, che di dimensioni ne ha solo due.

@Janis Godins

Poi c’è Ebbinghaus e la sua illusione, molto simpatica: un cerchio appare diverso a seconda delle dimensioni degli oggetti che lo circondano. Semplificando, al nostro cervello arrivano contemporaneamente due informazioni: una ci spiega ”cosa” stiamo vedendo (il cerchio), l’altra ”dove” la stiamo vedendo (i suoi vicini). Il mix delle due informazioni, così diverse tra loro, crea l’illusione percettiva.

Insomma, vedere è già complicato di suo, c’è la noia della miopia, e ci si mette anche la cultura. Noi vediamo anche quello che ci dice la cultura in cui siamo cresciuti. Abbiamo detto della prospettiva: ebbene, è una convenzione, mica tutti i popoli vedono attraverso di lei.

Un antropologo inglese, Turnbull, studiando i Pigmei africani, un giorno ne portò uno, Kenge, fuori dalla fittissima foresta intricata in cui vivevano sempre. In una bella prateria. Beh, questi stava per svenire dalla paura! Lo studioso gli indicò dei bufali in lontananza, ma Kenge disse che erano insetti. ”Ma no, sono bufali!” insisté Turnbull. E allora Kenge disse che non aveva mai visto bufali così piccoli.

Il campo percettivo del nostro pigmeo era da sempre limitato all’arco visuale costituito dalla sua vita di foresta, quello che c’era fuori, semplicemente, non lo vedeva perché non credeva possibile vederlo. La sua cultura non l’aveva previsto!

Tutto ciò per dire che vedere è sempre un’azione affascinante, anche quando ci sbagliamo e ci inganniamo da soli. Chissà quanti poi si staranno chiedendo chi è Ebbinghaus

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