Site icon Le Nius

Marvel vs Italy: non è un Paese per supereroi

Reading Time: 3 minutes

Il suo nome è Fibbri, Franco Fibbri, ma si fa chiamare Sliver, “scheggia”. Era uno dei calciatori più famosi al mondo finché non si è ritirato e sottoposto a una procedura sperimentale – c’è di mezzo una sostanza aliena dalle proprietà misteriose – che gli ha conferito fantastici superpoteri. È comparso per la prima volta nel numero dodici di Avengers World, una delle numerose testate Marvel dedicate a Iron Man e soci, e il suo debutto ha suscitato una certa curiosità anche tra i non appassionati. Perché Sliver ha una caratteristica che lo rende unico nel suo genere: è italiano.

I supereroi, si sa, sono americani per definizione. La Marvel, casa editrice egemone nel campo dei comics statunitensi, ha spesso riservato agli europei la parte dei villain: il personaggio di Capitan America è nato come strumento di propaganda contro la Germania nazista, mentre in piena Guerra fredda i Fantastici Quattro cercavano di arrivare su Marte “prima di quei maledetti rossi”.

Ma le guerre finiscono, i muri crollano e i tempi cambiano perfino nei fumetti. Negli anni Sessanta la superspia Natalia Romanova, in arte Vedova Nera, rinnega la Madre Russia e passa dalla parte del Bene, con larghissimo anticipo su Gorbaciov e sulla Perestrojka. Qualche anno dopo, a metà dei Settanta, fa il suo esordio l’X–Man Nightcrawler: gentile, pacifista e soprattutto tedesco.

E l’Italia? Malgrado l’8 settembre e l’adesione alla NATO, gli autori di Spiderman e dell’incredibile Hulk hanno sempre concesso poco credito al nostro Paese. Anche quando non sono dipinti come i soliti mafiosi, gli italiani dei fumetti Marvel restano tipi poco raccomandabili: si spazia dalla terrorista high tech Monica Rappaccini al supercriminale Unus l’Intoccabile, al secolo Angelo Unuscione, passando per l’aspirante dittatore Tyrannus, antico romano col dono dell’immortalità. E tra i buoni? Al limite qualche italoamericano: la mamma di Tony Stark–Iron Man si chiamava Maria.

Ma l’idea di un supereroe italiano al cento per cento è rimasta tabù per decenni in casa Marvel.

Non serve la vista a raggi X per vedere cosa c’è sotto. Russi e tedeschi sono stati, a fasi alterne, minacciosi avversari e alleati fondamentali degli Stati Uniti: comunque forze temute e/o rispettate dal gigante americano. L’Italia, invece, dalla Seconda guerra mondiale ha rivestito i ruoli di seccatura secondaria, voltagabbana dell’ultimo minuto e modesto facchino dello Zio Sam. Non stupisce che oltreoceano abbiano stentato per anni a concepire un Superman tricolore.

Ma questo era ieri. Oggi c’è Sliver, segno che forse la percezione del nostro Paese da parte dell’americano medio sta cambiando. Forse la militanza nell’Unione Europea – Sliver fa parte di un supergruppo chiamato Euroforce: metafora politica? – ci ha donato una nuova aura di affidabilità e rispettabilità. Forse l’epoca dei cliché sugli italiani codardi e sleali è finita.

O forse no. Sliver–Franco Fibbri esiste da sole cinque vignette, e già confessa da vero stronzo di aver speso tutti i suoi soldi in superpoteri per non doverli più donare in beneficenza.

Tutto come prima?

CONDIVIDI
Exit mobile version