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Legge elettorale, Renzi e l’Italicum: chi vince, chi perde

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La legge elettorale partorita dall’incontro fra Berlusconi e Renzi e approvata ieri dalla direzione del Partito Democratico prevede un premio di maggioranza per chi superi il 35% e soglia di sbarramento al 5% per i partiti in coalizione, 8% per quelli fuori e del 12% per le coalizioni.

Volendo tenere fuori dal discorso la legittima questione della rappresentanza democratica dei partiti minori la cosa più strana della legge è che il maggior beneficiario di essa sembra proprio colui il quale dall’accordo si è tenuto fuori, ovvero Beppe Grillo e il suo movimento: vediamo perché.

Ad oggi, sondaggi alla mano, appare difficile ipotizzare che il PD (stimato intorno al 32%) e ancora di più FI (21-22%) riescano da soli a conquistare il quorum necessario per ottenere la maggioranza dei seggi, anche se il PD potrebbe contare, ancora una volta, sull’appello al voto utile e sull’effetto trascinamento di Matteo Renzi. D’altra parte sarebbe complicato convincere i partitini a coalizzarsi, considerando che nessuno di loro è dato, ad oggi, sopra il 5% (NCD 4,7; Lega 3,9; Sc. Civica 3,8; Sel 3) rischiando di regalare le loro percentuali ai fratelli maggiori rimanendo comunque fuori dal parlamento.

Se i partitini non si coalizzassero, cercando ad esempio la strada non facile ma a mio avviso più facilmente percorribile di un listone a destra, a sinistra o al centro delle coalizioni che miri al raggiungimento della soglia dell’8%, si andrebbe allora quasi sicuramente verso il secondo turno, ovvero verso un confronto a due fra il primo “classificato” (con molta probabilità il PD) e il secondo (uno fra FI e M5S) dando di fatto una possibilità, seppur remota, al movimento di Grillo di governare il Paese, o comunque maggiori chance di quante ne avrebbe col mattarellum, col porcellum o con un proporzionale secco.

Ovviamente c’è un “ma” che mina questo ragionamento alla base. Se infatti Renzi o, con più probabilità di successo, Berlusconi riuscissero a convincere i partiti minori ad “immolarsi” per la causa, magari in cambio di qualche posto di governo o della candidatura alla presidenza dei qualche regione, il loro tentativo di raggiungere il premio di maggioranza, o comunque di escludere Grillo dall’eventuale ballottaggio, andrebbe probabilmente a buon fine.

Rimane da capire quanti italiani andranno a votare per questi partiti che rischierebbero a quel punto di somigliare più alle liste civetta di “mattarelliana” memoria che non a delle vere e proprie formazioni politiche di stampo democratico.

Immagini| You Trend

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