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La vittoria è degli umili, la sconfitta dei miseri

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L’irritante pareggio di Verona serve a suggerirmi qualche breve riflessione linguistica. Ci siamo fatti raggiungere all’ultimo minuto perché non siamo stati umili nel gestire una gara che avevamo tranquillamente in pugno. Non l’abbiamo persa perché comunque siamo poco umili ma ancora non miseri, inteso qui nel senso di meschini, fatui, vani. Ok, non mi sono spiegato. Riformulo.

Un pareggio come quello di Verona va bene se l’obiettivo è rimanere a più 30 sul Milan. Che, per carità, è un nobile e storico traguardo, ma che se diventa tale ci costringerà a inanellare una serie di pareggi e sconfitte.

Se i rossoneri ambiscono al massimo a scendere a -29 dalla capolista, gli interisti si divertono a sbandierare ai quattro venti che lo Scudetto è già assegnato, solo per poi avere qualcosa di cui godere a fine stagione se invece il campionato lo vincesse la Roma e per non dover guardare alla loro squallida squadra, accontentandosi di ridere dei mancati traguardi altrui.

Ma i miseri piagnistei di questi miseri soggetti non devono intaccare i nostri ben più elevati pensieri. La nostra rosa non è così superiore a quella della Roma come vogliono far credere i nostri disonesti nemici, casomai è solo più abituata mentalmente a giocare assieme e a vincere, perché lo fa da tre anni. Non è poco, certo, ma non necessariamente sarà abbastanza. Soprattutto se questa presunta superiorità rischia di trasformarsi in sterile supponenza, come a Verona. Se pensiamo di poter portare a casa i tre punti solo in virtù di quella, giochicchiando un calcio stucchevole e privo di umiltà, subiremo altri inaspettati tonfi.

Naturalmente il tifoso della Juve mantiene intatta la sua fiducia nel condottiero Conte e nella sua capacità di tirare fuori il massimo dai suoi giocatori, proprio come dopo la disfatta di Firenze all’andata. E anche se non è questione di giocatori ma di squadra, elementi come Marchisio e Osvaldo possono servire a mettere un po’ di pepe in più a soggetti tendenti all’eccesso di sicurezza, come Pogba e Llorente. Forse è arrivato il momento di far capire davvero, e non solo a parole, che nessuno ha il posto garantito, perché finora il responso del campo è che Conte ha chiaramente scelto un undici titolare, a dispetto delle sue continue dichiarazioni.

Non siamo miseri come i nostri rivali senza altri pensieri che gufare sulle nostre sorti, ma se non vogliamo rischiare di sentirci dire a fine stagione che abbiamo fallito occorre tornare a essere indiscutibilmente vincenti. Cioè, umili.

Immagine | calcioblog.it

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