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La musica in testa #1 – Scrivere con le cuffiette

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Se glielo chiedi, quasi tutti quanti ti diranno che per loro la musica è fondamentale, che le loro canzoni preferite li accompagnano in ogni momento fondamentale della vita. Ti dicono così, poi magari non sanno nemmeno citarti il titolo di tutti gli album del loro artista preferito. Quindi taglierò corto, evitando di sbrodolare su quanto io ami la musica, per andare invece a parlare del collegamento che questa ha con un altro ambito che io considero cruciale nella mia vita: la scrittura.

Mi piace scrivere, anzi, ne ho bisogno, e ci riesco con risultati discutibili. Lo faccio da anni (anche se da poco in maniera più o meno produttiva), e c’è stato un tempo in cui ero convinto che le canzoni, con la loro potenza e la loro profondità, mi avrebbero aiutato a farlo meglio. Per cui, per un po’ ho agito di conseguenza.

Al momento di mettermi alla tastiera, inserivo un cd nello stereo e schiacciavo play, oppure aprivo Winamp e mi ascoltavo qualche mp3 scaricato con il buon vecchio Napster. Siccome però avevo l’impressione che non bastasse, a un certo punto ho cominciato a scrivere mentre ascoltavo la musica con le cuffie. Di più: siccome credevo che alcune canzoni favorissero la creatività più delle altre, ne mettevo tre o quattro in loop – alle volte addirittura solo una, a ripetizione per un’ora intera – e nel frattempo scrivevo.

In questo modo, penso di avere ascoltato Karmacoma dei Massive Attack, Oreminutisecondi degli Almamegretta e Ponderosa di Tricky almeno un migliaio di volte. E di avere scritto ascoltando ognuna di queste canzoni decine di pagine. Tutte inutili. Semplicemente perché facevano schifo. Il fatto è che questa modalità creativa comportava due ordini di problemi, anche se ci ho messo un po’ a rendermene conto.

Scrivere ascoltando musica è come scrivere da ubriaco: il senso critico si annacqua. Sul momento, con It’s the End of the World As We Know It dei R.E.M. nelle orecchie, quelle righe mi apparivano come incalzanti e travolgenti. Ma se le rileggevo senza più musica, mi rendevo conto che erano mosce. Erano le note a farle sembrare valide. Senza, sembrava di guardare un film privo di colonna sonora: il risultato è straniante. Oltre a ciò, la musica finiva per condizionare quello che stavo scrivendo e in questo modo non avevo davvero il controllo della narrazione.

A un certo punto, mi sono anche messo in testa di rendere in parole ciò che determinate canzoni mi trasmettevano, cimentandomi nel renderne le atmosfere e suggestioni. Ovviamente, si trattava di tentativi poco narrativi e, più che altro, emozionali, con esiti piuttosto surreali. Qualcosa non era malaccio, la maggior parte non aveva proprio senso. E così, dopo un po’ ho capito che certe passioni è meglio tenerle separate: da una parte il tempo per l’ascolto, dall’altra quello per la scrittura.

In conclusione? Se uno ha voglia di scrivere, di mio gli consiglio di farlo senza che ci sia della musica a distrarlo. Ma è anche vero che ho sentito molte persone sostenere che per loro scrivere con le cuffiette è un toccasana. Del resto, mentre scrivo queste righe mi sto ascoltando l’ultimo disco dei Franz Ferdinand su Spotify, quindi predico bene ma razzolo male…

(Immagine: cover  dell’album Protection dei Massive Attack | www.massiveattack.com)

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