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Inter-Juve, l’emblema di una squadra

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@inter.it

La sensazione di continuità era troppo strana per essere vera. Sono bastati sei giorni per tornare sulla terra, per ricordarsi che cosa sia questa Inter. La partita contro la Juve sembrava la gara perfetta per rilanciarsi: ok, sarebbe arrivata a San Siro in versione Juve2, però una vittoria contro di loro è sempre una Vittoria. E invece no.

Dire che i passi avanti sul piano di gioco non ci sono stati vorrebbe dire avere il paraocchi. Certo, a volte l’impressione è che sia l’Inter di Mazzarri soltanto 30 metri più avanti, ma tant’è, quantomeno si prova a giocare a calcio. Un po’ quello che si è visto sabato nei primi 37′, una squadra ordinata, che fa le cose per bene, che forse (e dico forse) avrebbe meritato anche il doppio vantaggio per le occasioni create, al di là del gol annullato a Brozovic.

È bastata un’azione, quella che porta al rigore per farmi tornare in mente la mediocrità rappresentata da questa squadra: Medel fa una roba inconcepibile, Vidic si fa bruciare da Matri (con tutto il rispetto parliamo di Matri, mica di Cristiano Ronaldo) e, come se non bastasse, lo butta giù in area quando lo aveva recuperato. Credo di avere perso il conto del numero di errori individuali che hanno portato a gol avversari nelle ultime stagioni, ma immagino ci si potrebbero riempire le pagine di un libro. E, come degno finale, si potrebbe mettere la paperona di Handanovic su Morata, giusto perché a questa squadra piace confermare quanto valga. Una sconfitta che se parlassimo di una partita normale definirei immeritata, ma quella di sabato non era una partita normale.

Inter-Juve: l’emblema di una squadra

L’ho definita “emblema di una squadra”, più che emblema di una stagione. La Juve si è presentata a San Siro con costume e infradito, poi si è messa pure gli occhiali da sole, ha ben altro a cui pensare dell’ennesimo inutile derby d’Italia delle ultime stagioni. In sostanza, di fronte c’era una squadra intera in gita. Giocatori di personalità avrebbero chiuso il discorso dopo i primi 45′ godendosi nella ripresa anche loro il sole milanese. Invece l’Inter prima l’ha rimessa in partita regalandole il pareggio, poi l’ha fatta pure vincere, coadiuvata anche da mosse poco chiare dalla panchina (Nagatomo per Shaqiri è una roba alla Inzaghi).

Assolutamente nulla di nuovo, come gli errori anche la lista delle occasioni buttate via è discretamente lunga. Ma è una di quelle sconfitte orrende perché arriva quando ti aspetti che il peggio sia ormai alle spalle. Le possibilità di centrare l’Europa sono ridotte al lumicino, mentre si parla di Tourè, Jovetic, Thiago Motta e chi più ne ha più ne metta. La speranza è, come sempre, che il mercato risolva tutti i problemi. Con Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri e nei primi mesi del Mancini 2 non è stato così, anche perché gli acquisti azzeccati si contano sulle dita di una mano. Prima o poi, però, dovrà accadere: magari nell’estate 2015 sarà la volta buona.

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