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Inside Out: alla scoperta delle emozioni

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Il regista Pete Docter torna a emozionare il pubblico con Inside Out, nuovo film d’animazione targato Disney Pixar, uscito nelle sale italiane il 16 settembre. La particolarità del film sta nel fatto che i suoi protagonisti sono le emozioni e le sensazioni umane, che in Inside Out sono presenti nella mente di una bimba attraverso personaggi antropomorfi con i semplici nomi di Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto.

Inside Out recensione

Il film racconta la storia di Riely, una bambina che è costretta a cambiare città insieme alla sua famiglia, perché il padre ha bisogno di trasferirsi per lavoro. Ma lei non è felice di farlo, o per lo meno non del tutto perché andare avanti, soprattutto da bambini, non è mai costruire un nuovo cammino, ma assume le sfumature più brutte del lasciare indietro i bei ricordi.

Il viaggio della bambina diventa subito entusiasmante, particolare, sorprendente, ma perché è quello che succede di continuo a tutti noi, solo che non solo è sullo schermo, ma ha addirittura la forma della più complessa e comprensibile rappresentazione: ogni personaggio agisce per Reily come se fosse altro da lei, come se volesse aiutarla a non sbagliare, a non avere troppa paura, a essere felice o non troppo triste.

In realtà la cosa più bella è accorgersi che tutto ciò avviene in ognuno di noi senza l’aiuto di piccoli omini, ma solo attraverso le nostre facoltà intellettive, collegate alle nostre emozioni, possibili e decodificabili non solo attraverso il linguaggio ma attraverso la tangibilità delle sensazioni, complesse o complicate ma chiare.

Per questo tutto ci appare stupendo e familiare durante il film: ci commuove l’amico immaginario perso nella memoria della bambina, i personaggi che di notte mettono in scena i sogni, la stanza del pensiero astratto che scompone fino a ricondurre all’essenza; o ancora il treno dei pensieri che va veloce e si ferma solo durante il sonno, e trasporta i fatti e le opinioni che se si mescolano ci rendono confusi ma estremamente umani.

Succedono tante cose in Inside Out e a Riely, come quando la tristezza da emozione bistrattata diventa la chiave di accesso alla felicità, quella che ci ricorda che la gioia a tutti i costi non è reale, non è profonda, non si attacca a nessun pezzetto di vita vera perché senza la tristezza non hai la misura di ciò che conta, che ti rende forte, o fragile, che ti rende te.

Il film è veramente toccante, nel senso che non ti tocca solo l’esteriorità tangibile e corporea, va a fondo, nel posto che frequentiamo in ogni momento ma che fatichiamo a sentire reale: i ricordi costruiscono la nostra storia passata ma non possono definire la persona che diventeremo. Possiamo commuoverci mentre Gioia saluta l’amico immaginario di Reily, e molto anche, ma lasciarlo andare è la metafora più bella che ci serve conoscere, per costruire tante e nuove case di ricordi.

Non è solo bello che il cinema sia sempre di più il luogo della rappresentazione, quella che rende il pensiero qualcosa di codificabile ma sempre un pelino inaccessibile, è anche sorprendente, mi fa piangere tantissimo di meraviglia, perché niente nell’arte è più solo verosimile alla realtà ma è diventato sacro simulacro di essa.

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