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Il tramonto sulla pianura porta in scena la maturità

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Si può ridere della morte? Se fossimo in un contesto yiddish o anglosassone non avrebbe neanche senso porsi la domanda. Ma in Italia, come in qualunque Paese cattolico, la questione è diversa: da noi la fine della vita è trattata con un misto di sacralità e rimozione, che rende spesso difficile se non impossibile ironizzarci sopra. È proprio in questa piaga che va a infilare il dito uno spettacolo apparentemente spensierato come Il tramonto sulla pianura, per la regia di Emilio Russo e Caterina Spadaro.

Tratto dall’omonimo romanzo di Guido Conti, Il tramonto sulla pianura è ambientato in una casa di riposo lombarda, sulle sponde del fiume Po. Qui si intrecciano le vicende agrodolci di ricoverati, infermiere, sorveglianti e suore tiranniche.

C’è Eugenio, burbero milanese ospite della struttura contro la sua volontà; c’è il Duca, sornione nobiluomo partenopeo; c’è Frusta, poeta siculo dai componimenti improbabili; c’è Pessina, romagnolo nostalgico che vive nel mito del Duce. E poi c’è Bertolotti, costretto su una sedia a rotelle da una malattia degenerativa, e custode di un piccolo grande segreto.

Interamente interpretato da un cast di attori over sessanta – tutti non professionisti o semiprofessionisti, ma il divario rispetto alle compagnie professionistiche è minimo – Il tramonto sulla pianura affronta con le armi di un umorismo lieve e surreale le tematiche legate alla terza età: declino fisico, senilità, solitudine.

Della morte quasi non si parla, ma l’argomento accompagna in sottotraccia l’intera messinscena. Non a caso lo spettacolo, come già il romanzo d’origine, si svolge la notte del 31 dicembre 1989, alle porte di un nuovo decennio: sullo sfondo scorrono le immagini di piazza Tienanmen, della caduta di Ceausescu, della Berlino in festa dopo la caduta del Muro.

La storia assume così un doppio valore, privato e universale: quello che abbiamo davanti è un gruppo di uomini e donne che si stringono tra loro per affrontare al meglio la fine. Della vita, e del mondo nel quale hanno vissuto.

Emblematica la scena nella quale uno degli ospiti recita una versione ironicamente apocrifa del Vangelo, avente come protagonista un Gesù incapace di operare miracoli. È la gag più azzeccata dello spettacolo, ma è anche un segnale: stiamo assistendo a un rito per esorcizzare la paura della morte, ed è un rito laico al 100%.

Il tramonto sulla pianura è in scena al teatro Ciro Menotti di Milano fino al 18 maggio.

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