[quote align=”center” color=”#999999″]Ben Stiller non è l’attore più sexy in circolazione, ma di certo è un amante del rischio: con I sogni segreti di Walter Mitty realizza un remake che era arenato in scaletta di produzione dagli anni ’90, cimentandosi nel doppio ruolo di attore protagonista e di regista.[/quote]
Non contento, affronta il genere della commedia drammatica, trattando temi quali il viaggio di formazione, la decadenza del mondo del lavoro, il rapporto tra reale e virtuale, l’amore come motore di riscatto.
Sarebbe facile stroncare questo film dalle nostre poltroncine, osservando che la trama è troppo facile, le tematiche sono troppe e troppo complesse per essere approfondite a dovere, alcuni personaggi sono eccessivamente caricaturali per risultare credibili, l’insistere sui panorami di natura selvaggia mozzafiato è subdolamente ammiccante e, soprattutto, che il finale è scontato. Il fatto è che a dire che si è rimasti delusi dall’happy end non si rischia di certo, anzi, fa subito intellettuale di spessore.
Eppure basta concentrarsi sul protagonista per cambiare la percezione di tutto il film. Walter è il tipico antieroe, di quelli che stanno sempre in ultima fila, nell’ombra. Neanche a dirlo è impacciato, titubante, senza grinta e con l’autostima sotto i tacchi. Si apprende della prematura scomparsa di suo padre, che l’ha costretto a crescere troppo in fretta.
Walter è un altro Clark Kent. Clark non si trasforma in Superman, lui è Superman mascherato da Clark. Allo stesso modo Walter è già lui stesso un supereroe, la metamorfosi per lui non sta nel diventare qualcosa di diverso da prima, ma solo nello scoprire quello che già è. Così come ogni viaggio è portato davvero a compimento se si è in grado di tornare e vedere con occhi nuovi le stesse cose che si erano lasciate a casa.
Un eroe non agisce per compensazione, ma per motivi nobili, che il protagonista trova nell’aspettativa di un nuovo amore e nella difesa della dignità e del senso del suo lavoro. L’ambiente di lavoro, dominato dal grottesco, è una presenza anche troppo insistita nel film, considerando che il vero focus del film è l’interiorità. La storia d’amore è da sempre un espediente facile per coinvolgere lo spettatore al cinema.
Eppure sappiamo che l’uomo medio neutralizzerebbe l’amore per una donna davvero speciale, perché questo lo costringerebbe a mettersi troppo in gioco, a tirare fuori tutte le sue potenzialità nascoste. Walter è un eroe perché è in grado di farsi ispirare dall’amore, intuendone il potere salvifico e maieutico.
Nella pellicola il mondo esterno è ipersoggettivizzato, tutto si svolge tra il surreale e il simbolico. Persino un anonimo aeroporto presenta delle scritte simboliche, una perquisizione della polizia diventa un’animazione stilizzata da videogioco. Questo perché noi vediamo tutto filtrato attraverso lo sguardo di Walter, che è il vero centro del film.
Alla luce di queste considerazioni, perché questo film dovrebbe avere una trama più complessa di quella di un fumetto? Questo non è un film in cui la trama in sé conti qualcosa. A contare è il messaggio simbolico: in un mondo in cui riuscire a essere se stessi e a farsi apprezzare per il proprio valore sono atti eroici, ciò che ci salva davvero sono i rapporti umani e la capacità di mettersi in gioco.
Chi è un vero supereroe di oggi? Uno che finisce in copertina? Per me è uno che nell’ombra fa lo stesso viaggio interiore di Walter Mitty: torna indietro nell’adolescenza a recuperare le proprie potenzialità insite nel suo immaginario per diventare davvero se stesso e quindi un uomo in grado di amare.