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Come sarà il nostro futuro? 4 film da vedere per scoprirlo

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film sul futuroDroni, touchscreen, ologrammi, intelligenza artificiale. Termini che, fino a un decennio fa, erano propri solo dei libri o dei film di fantascienza e che ora invece sono una realtà sempre più comune nelle nostre vite. E se il futuro è già qua, il cinema è sempre un passo avanti e nei prossimi mesi saremo invasi, per ora solo sul grande schermo, da cyborg, robot e androidi.

Due film ambientati nel futuro molto attesi sono Ex_Machina di Alex Garland (in uscita il 16 aprile) e Humandroid di Neil Blomkamp (nelle sale dal 9 aprile). Pellicole molto diverse, ma entrambe affrontano la capacità da parte degli esseri artificiali – una cyborg nel primo e un robot nel secondo – di provare emozioni umane.

Il futuro al cinema è spesso rappresentato anche come mondo distopico, caratterizzato da tendenze sociali e ambientali portate agli estremi negativi. Portatori (in)sani di questo mondo sono soprattutto le saghe young adult, da Hunger Games a The Divergent Series (ora nelle sale col secondo capitolo), ma non solo. Distopia fa spesso rima con post – apocalisse e la pellicola più attesa a riguardo è Mad Max: Fury Road (al cinema dal 14 maggio). Quarto capitolo della saga, il film prosegue dalla trilogia degli anni Ottanta con Mel Gibson. Oggi, il regista è lo stesso, George Miller, mentre Max il ribelle è interpretato da Tom Hardy, in lotta per la sopravvivenza in un mondo disidratato di acqua, umanità e ideali.

Per prepararci a tutti questi scenari futuri, è giunta l’ora di un binge watching fantascientifico: quattro film da vedere, che indagano come potrebbe essere il nostro domani.

Film sul futuro da vedere: 4 titoli

Secondo Terry Gilliam, regista di The Zero Theorem (2013), il futuro sarà sì distopico, ma coloratissimo e popolato da personaggi bizzarri.
Christoph Waltz è Qohen Leth, una sorta di programmatore informatico con qualche disturbo psicologico. Non ama gli spazi aperti, non ama le feste e non ama le persone. Vive nel suo mondo solitario aspettando “la chiamata”, una telefonata che, secondo lui, gli cambierà la vita e nel frattempo lavora per trovare il Teorema Zero, il teorema dell’insensatezza dell’esistenza di tutto.
La sua vita, così come quelle altrui, è severamente controllata da una Direzione che tutto decide e monitorata costantemente da videocamere. La sua routine maniacale verrà però scombussolata da una presenza femminile, Bainsley, in principio inviata dalla Direzione per tenerlo sotto controllo.
Il film di Gilliam è una grande metafora che indaga il senso della vita di ognuno di noi, i toni sono quelli del grottesco e del non-sense e il futuro è, nell’estetica, un ritorno nostalgico agli anni Ottanta, caratterizzato però da connessioni neurali dove realtà e realtà virtuale si confondono, creando corti circuiti nei sentimenti umani. Una condizione che non pare del tutto inverosimile.

Altro film e altro scenario per Young Ones di Jake Paltrow (2014).
Padre (Michael Shannon) e figlio quindicenne cercano di tirare avanti in un mondo semidesertico, in cui le risorse idriche sono appannaggio del miglior offerente.
La loro sopravvivenza dipende da un asino col quale trasportano, su e giù da una montagna rocciosa, i viveri ai lavoratori e detentori dei corsi d’acqua. Quando il loro asino muore sono costretti a comprarne uno nuovo: un mulo meccanico, nuova frontiera tecnologica in un mondo quasi senza cibo in cui ci si nutre soprattutto di pasti liofilizzati.
Questo mulo, con telecamera incorporata, diventerà l’unico detentore di verità dopo l’uccisione di Holm (Shannon). La cattiveria degli esseri umani non ha limiti e, come è noto, aumenta con l’istinto di sopravvivenza e rende ancora più arduo capire di chi fidarsi.
Sarà davvero la tecnologia a prendere il posto del nostro sesto senso?

Non c’è nessuna speranza invece per John Hillcoat, regista di The Road (2009), film tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy.
Anche qui, i protagonisti sono un padre (Viggo Mortensen) e un figlio.
La Terra è spenta, dopo un apocalisse nucleare cha ha distrutto tutto, natura, animali e uomini. I pochi sopravvissuti sono disposti a tutto pur di sopravvivere e bisogna stare in guardia anche dai cannibali. La strada è quella che percorrono padre e figlio, scudi di se stessi nel tentativo di difendersi e di arrivare al giorno successivo in questo non luogo terreno. Come si fa ad essere padri in un contesto del genere? Come si educa al bene un figlio? L’uomo-Mortensen (che non ha un nome, come nessun personaggio) lo fa con i ricordi. Ricordi rarefatti ma lucidi della moglie e mamma che non ce l’ha fatta ad affrontare tutto ciò. Ricordi pieni di amore e tenerezza. Ricordi di una felicità in frantumi. Il film di Hillcoat, tagliente e amaro come il libro di McCarthy, non lascia molte speranze al genere umano. Resta solo l’amore incondizionato per il proprio figlio. E vale più di tutto il denaro che riusciremo mai ad immaginare.

Un futuro molto simile al nostro oggi è invece quello di I Origins di Mike Cahill (2014).
Ian (Michael Pitt) è un dottorando in biologia molecolare, specializzato nello studio degli occhi. Ad una festa incontra una misteriosa ragazza di cui si innamorerà perdutamente. Nel frattempo, al laboratorio dell’università arriva Karen (Brit Marling), studente al primo anno ma molto in gamba.
Parallelamente alle vite dei protagonisti, avanzano anche gli studi sugli iridi e una scoperta casuale, e sensazionale, spingerà Ian e Karen oltre i propri limiti, come scienziati e come esseri umani.
Il regista di Another Earth mette in scena gli occhi e lo sguardo in tutte le sue accezioni, fisiche, metafisiche e metaforiche. Con un film molto suggestivo e originale, Cahill affronta anche l’eterno dibattito fede/scienza. Nonostante i costanti progressi tecnologici, forse ci saranno questioni che anche i più costosissimi macchinari non riusciranno a spiegare.

[quote align=”center” color=”#999999″]Pronti per i futuri possibili? Buone visioni![/quote]

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